Andrea Dell'Orto, vicepresidente esecutivo dell'omonimo gruppo brianzolo e multinazionale leader storica nei carburatori e nell'iniezione, non ne sapeva nulla: eravate informati dell'idea di Confindustria di rendere obbligatorio il Green Pass?
«Non so se è una proposta di Confindustria perché non ho ricevuto alcuna comunicazione ufficiale. Quindi sono rimasto sorpreso di quello che ho letto sui media. E infatti stamane (ieri ndr) ho ricevuto diverse telefonate di amici imprenditori brianzoli che mi chiedevano notizie».
Ma lei che ne pensa del Green pass obbligatorio per lavorare, pena il taglio o la sospensione dello stipendio?
«Partiamo dall'idea che più ci si vaccina, meglio è. E che vanno create le condizioni perché tutti possano presto vaccinarsi. Ma questo non può mai essere un obbligo. Il Green Pass può essere una soluzione parziale, ma va attentamente declinata».
Vale a dire?
«Se c'è un'azienda, come la nostra per esempio, che già applica protocolli di sicurezza e organizza il lavoro a distanza, il più è fatto. Se si vuole andare oltre, serve sempre e comunque un accordo sindacale. Pensi al cosiddetto mansionario: come si può pensare di cambiarlo senza concordare le modalità con la rappresentanza dei lavoratori?»
Le attuali misure adottate dalle imprese sono sufficienti per eliminare i contagi?
«Su questo abbiamo sicuramente investito molti soldi, recuperandone tra l'altro ben pochi con il credito d'imposta, che è stato un flop. E l'impresa non può andare oltre: l'obbligo vaccinale, per esempio, può essere un tema di contrattazione sindacale. Così come anche quello dei controlli, perché poi chi controlla i pass, e con quali modalità?».
Quindi perché mai Confindustria avrebbe pensato a questa soluzione, secondo lei? Una fuga in avanti a che pro?
«Non saprei perché non ho avuto notizie dirette. Forse per lanciare un messaggio che incentiva i lavoratori ad andare a vaccinarsi. I molti imprenditori che ho sentito si sono mostrati però molto scettici su quest'idea».
Nella sua esperienza, qual è la percentuale di lavoratori che non intendono vaccinarsi?
«Quando sembrava che dovessimo organizzare gli hub vaccinali aziendali - altra iniziativa finita nel nulla - abbiamo fatto un sondaggio tra i nostri 400 dipendenti. E la percentuale dei sì è risultata essere del 78%..
Reputa che il 20% di non vaccinati sia una percentuale tollerabile per lavorare in sicurezza e non diffondere il virus?
«Se si applicano i protocolli previsti, per i quali abbiamo investito, per me sì».
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