Miglio, pollice, oncia, iarda. Libbra, lega, acro, gallone. Grano, quarto, piede, pinta. Anche la pinta, quella che si ordina al pub. Sono alcune delle unità di misura inglesi, parte del sistema metrico imperiale codificato in una legge del 1824, che l'università di Oxford vuole mettere sotto la lente di ingrandimento per i loro legami con il passato coloniale del Paese.
L'iniziativa dell'ateneo inglese si inserisce nel più ampio «progetto per la diversificazione dell'offerta formativa STEM», acronimo che raggruppa i corsi di scienza, tecnologia, ingegneria e matematica, annunciato l'anno scorso in risposta al dilagare delle proteste del movimento Black Lives Matter ma il cui avvio è stato posticipato a quest'anno per la pandemia. Il progetto, secondo il sito dell'università, si svolgerà in estate e interesserà studenti di materie scientifiche, supervisionati da storici della scienza, che lavoreranno per produrre materiale didattico a beneficio di docenti di corsi di matematica e fisica per favorire una «comprensione critica del contesto storico di concetti scientifici chiave, teoremi, ricerche». Cercando al contempo di evidenziare i contributi scientifici prodotti da esponenti delle minoranze etnico-socio-cultural-sessual-religiose. Secondo quanto riportato dal Telegraph, che ha avuto accesso a documenti universitari che illustrano il progetto, l'iniziativa durerà 8 settimane e affronterà, tra le altre tematiche, «la storia delle moderne unità di misura, che è profondamente legata all'idea dell'impero e della standardizzazione imperiale». Quindi retaggio di un periodo di oscurantismo e oppressione che ha soggiogato milioni di persone tarpando le loro legittime aspirazioni all'indipendenza e alla libertà. Anche quella, forse, di fabbricarsi unità di misura a proprio piacimento. A prescindere dall'utilità scientifica di conoscere l'origine delle unità di misura (alcune comunque non più in uso), l'iniziativa di Oxford è l'ennesimo avvitamento logico di una parte del mondo accademico anglosassone che pare non conoscere il senso del ridicolo. E che invece di concentrarsi sulla promozione di un serio confronto scientifico pubblico sullo sviluppo storico del Paese nel corso dei secoli, si sta impegnando in maldestri tentativi di abbellimento della propria immagine.
Può una pinta essere tacciata di colonialismo? Può, quello che a sua volta è il prodotto storico della convivenza sociale di popoli e culture diverse nell'arco di molti secoli, che affonda le proprie origini nella commistione delle tribù britanniche e dei romani basta pensare all'uso del miglio come unità base del sistema metrico romano essere pensato come il prodotto dell'oppressione coloniale imperiale inglese? Il sospetto è che le istituzioni accademiche vogliano assecondare una parte del mondo culturale britannico
tanto influente e chiassosa su Twitter quando disancorata dalla realtà, impegnata in una guerra pseudoculturale con il governo conservatore. Impegnato a difendere chi la birra, al pub, vuole continuare a ordinarla a pinte.
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