Non ancora metabolizzati i dati degli exit poll e delle proiezioni di domenica sera, la sinistra europea deve fare i conti con i risultati definitivi delle elezioni e il quadro per socialisti e i liberal è ancora più sconfortante di quanto immaginato. In particolare l'esito del voto di Francia e Germania ha provocato uno tsunami nella sinistra europea inaspettato alla vigilia del voto.
I dati definitivi in Francia fotografano un risultato straripante del Rassemblement National di Marine Le Pen guidato da Jordan Bardella che, con il 31,47%, ha doppiato il partito di Emmanuel Macron Renaissance fermo al 15%, mentre i socialisti hanno ottenuto il 14%. La France insoumise ha ottenuto il 10,1% mentre Les Républicains di François-Xavier Bellamy il 7,2% seguiti da Reconquête di Marion Maréchal al 5,5% e i Verdi al 5,3%.
In Germania confermata la vittoria della Cdu/Csu con il 30% dei voti e 29 seggi, secondo partito la destra dell'Afd con il 15,9% dei voti e 15 seggi superando l'Spd del cancelliere Olaf Scholz ferma al 13,9%. Si tratta di un dato clamoroso che, sommato al calo dei Verdi alll'11,9%, fa presagire conseguenze sulla politica interna tedesca.
Friedrich Merz, capo Cdu-Cdu, ha affermato di non escludere elezioni anticipate entro quest'anno anche se Scholz, tramite il suo portavoce, ha chiuso a questa ipotesi: «Neanche per un secondo abbiamo pensato alle nuove elezioni in Germania». Il cancelliere è inoltre intervenuto sulla partita che si apre per la composizione della nuova maggioranza europea sostenendo che «la Commissione Ue va retta dai partiti tradizionali» giudicando «preoccupante la vittoria dell'estrema».
Il presidente del Ppe Manfred Weber ha invece rivendicato la vittoria invitando Macron e Scholz ad appoggiare la candidatura di Ursula von der Leyen a presidente della Commissione Ue. Proprio la Von der Leyen si è detta già al lavoro per «costruire un'ampia coalizione per un'Europa forte. Insieme ad altri costruiremo un bastione contro gli estremi di destra e di sinistra» annunciando che parlerà innanzitutto con le «grandi famiglie europee» che hanno «ben collaborato» con il Ppe, come quella dei socialisti, lasciando però le «porte aperte» ad altri contatti. In questo contesto sono arrivati i primi veti da parte del Partito Socialista europeo con le parole del segretario generale Giacomo Filibeck secondo cui «se l'allargamento della piattaforma va in un'altra direzione che non è quella dei Verdi, non possiamo negoziare. Se è con Ecr, è senza di noi». Anche Valérie Hayer, candidata di punta di Renew, ha affermato: «Manteniamo la nostra posizione: nessun accordo con i Conservatori (Ecr) di Giorgia Meloni». Eppure, i veti di socialisti e liberal, devono scontrarsi con un dato di realtà che fotografa una crescita dei partiti di centrodestra e un ruolo determinante dell'Italia e di Giorgia Meloni nei nuovi equilibri europei.
Secondo le stime diffuse dall'Eurocamera sulla composizione dei seggi, il Partito popolare europeo (Ppe) sale a 185 rispetto ai 177 seggi della scorsa legislatura, a seguire i Socialisti a quota 137 (-3), terzi i liberal di Renew con 80 eletti (-22). Crescono i Conservatori (Ecr) attestandosi a 73 eurodeputati (+5) seguiti dai 58 di Identità e democrazia (-1) senza contare la delegazione di AfD. Netto calo dei Verdi con 52 eurodeputati (-20 rispetto agli attuali 72) mentre The Left viaggia sui 36 seggi. A questi dati occorre sommare il gruppo dei non iscritti con 99 eurodeputati.
Nonostante ci siano i numeri per formare una maggioranza Ursula bis, non si può non tenere in considerazione lo sbilanciamento del baricentro verso destra e il verdetto dei cittadini europei che hanno bocciato le eurofollie della sinistra.
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