L'assistenza umanitaria e militare a Kiev è fuor di dubbio, nelle cancellerie occidentali. Ma il crescendo degli attacchi di Mosca, tanto nel Donbass quanto in altre regioni ucraine dove per la pioggia di missili i civili sono ancora costretti ai rifugi antiaerei ha spinto pure gli Stati Uniti a bussare agli alleati europei, e non più il solo Zelensky. L'imperativo della Casa Bianca sembra essere rimpolpare le truppe gialloblù con mezzi più moderni. Stavolta sul tavolo c'è il sistema di difesa aerea terra-aria noto come Mamba. È una produzione italo-transalpina, e sembra la sola a rientrare nella definizione di «scudo efficace», chiesto da Kiev già lo scorso autunno per difendere le città. Finora il Mamba è però rimasto dov'è, nonostante il pressing.
Il Samp/T, questo il nome, è in grado di intercettare anche aerei e droni; quindi è considerato vitale da Zelensky. E pure dal Pentagono che, contestualmente alla sveglia lanciata agli alleati europei, ha svelato i contenuti del nuovo pacchetto da 3 miliardi di dollari che gli Usa manderanno a Kiev; compresi, per la prima volta, 18 obici semoventi Paladin con cartucce da 105 millimetri e 50 tank Bradley adatti a combattere in Donbass. Il Samp/T è invece progettato per proteggere trincee e siti sensibili, valido contro tutte le minacce aeree. Ma non si trova nei magazzini, come buona parte dei carri e delle armi che l'Europa ha spedito in Ucraina. Sono 5 le batterie in dotazione al 4° reggimento artiglieria controaerei di Mantova, più una per l'addestramento. Si tratta di valutare se l'Italia possa permettersi di fare a meno di una di queste, che oltre a essere costose dovrebbero essere rimpiazzate per non dar l'impressione di sguarnire la sicurezza nazionale. C'è poi il fatto che questa dotazione sia frutto di joint venture tra Roma e Parigi. La cessione va concordata con la Francia, che a sua volta tergiversa; perché l'intero sistema dovrebbe essere spostato in aereo da velivoli tattici Nato, come l'Airbus A400M Grizzly e il Lockheed C-130J Super Hercules. Cadrebbe il segreto sulle armi che l'Italia sta inviando a Kiev, e il nostro Paese sarebbe ancor più esposto (con Parigi) alle minacce di Mosca.
Dal Pentagono altri soldi a Kiev, veicoli corazzati e missili a Kiev: 500 anti-carro Tow e 250mila munizioni. Ma non sistemi così avanzati come il Samp/T. E se il raggio d'azione garantisce un ombrello di protezione su una grande città, non sarebbe il solo; l'altra ipotesi è ricondizionare il vecchio Spada 2.000 con missili Aspide, meno efficace, che monta invece Aster 30 a lancio verticale capaci d'intercettare aerei entro 100 km e missili entro 25 km.
Roma è nel novero del «nuovo livello» di assistenza militare a cui si chiede di far fronte, specie dopo la telefonata del consigliere per la Sicurezza nazionale Usa Jake Sullivan al consigliere diplomatico del premier Meloni, Francesco Talò. Il sesto pacchetto di aiuti è però in stand by. E lo sarà almeno fino al 20 gennaio, quando l'Ukraine defense contact group (il «formato Ramstein» con 50 Paesi) si confronterà sulle effettive necessità gialloblù e sui nuovi possibili apporti. Sul campo restano gli Himars statunitensi (ma depotenziati per non colpire la Russia).
Germania, Francia e Gran Bretagna hanno promesso l'invio di altri corazzati: Marder tedeschi, Amx-10 francesi e Warrior britannici che in un paio di mesi fortificheranno le brigate mobili in vista dell'offensiva russa di primavera; di ampia scala, stando agli 007. E non solo per far passare i tank dell'Alleanza, il fronte orientale Nato riceverà 682 milioni di dollari da Washington. Ma per riarmarsi.
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