I ministri degli Esteri del G7 in Giappone si ritrovano «più uniti che mai nel perseguimento della pace internazionale». È stato il segretario di Stato Usa Antony Blinken a chiedere di parlare «con una sola voce chiara», appello recepito nella dichiarazione finale anche sul delicato dossier di Gaza: i sette, condannando l'attacco del 7 ottobre, sottolineano «il diritto di Israele a difendere se stesso e il suo popolo, ma in conformità con il diritto internazionale», e affermano «la necessità di un'azione urgente per affrontare il deterioramento della crisi umanitaria nella Striscia». «Sosteniamo le pause e i corridoi umanitari per facilitare l'assistenza urgentemente necessaria, il movimento dei civili e il rilascio degli ostaggi», continua la dichiarazione che più volte ribadisce «l'importanza della protezione dei civili e del rispetto del diritto internazionale».
Si tratta di un testo importante, mentre l'Occidente cerca nell'Anp l'interlocutore col quale parlare del futuro per la Palestina, con la soluzione dei due Stati che «rimane l'unica via verso una pace giusta, duratura e sicura». I G7 evidenziano poi come «l'aumento della violenza estremista commessa dai coloni contro i palestinesi è inaccettabile, mina la sicurezza in Cisgiordania e minaccia le prospettive di una pace duratura», e dicono di voler lavorare, «anche imponendo sanzioni o altre misure, per negare» ad Hamas «la capacità di raccogliere e utilizzare fondi per compiere atrocità». Blinken da Tokyo sottolinea che Israele non deve «rioccupare» Gaza.
Oggi, invece, l'attenzione si sposta in Francia, dove il presidente Emmanuel Macron ha organizzato una conferenza umanitaria a margine del Paris Peace Forum di Parigi. Il «miglioramento della situazione umanitaria a Gaza è nell'interesse di tutti, Israele incluso», è il messaggio dell'Eliseo: e pur se lo Stato ebraico non partecipa all'appuntamento, Macron ha parlato con il premier Benjamin Netanyahu e ci riparlerà al termine della conferenza parigina. Intanto, nonostante le due missioni di Blinken, quella del presidente Joe Biden in Israele e le telefonate costanti a tutti i livelli, l'influenza degli Usa sull'alleato sembra svanita, e i tentativi di persuaderlo a fermare temporaneamente l'offensiva contro Hamas per consentire la consegne di aiuti a Gaza non hanno dato frutti. Anzi, di fronte alle critiche globali per la sanguinosa campagna, come spiega il New York Times, i funzionari israeliani in dichiarazioni pubbliche e conversazioni diplomatiche private hanno citato le passate azioni militari occidentali nelle aree urbane risalenti alla seconda guerra mondiale, fino alle guerre contro il terrorismo post-11 settembre.
Nell'elenco, che vuole contribuire a giustificare la campagna contro Hamas che sta mietendo migliaia di vittime palestinesi, ci sono ad esempio le bombe atomiche sganciate dagli Stati Uniti su Hiroshima e Nagasaki per costringere il Giappone alla resa, dove morirono circa 200.000 civili, e ancora i centinaia di civili sono uccisi a Falluja (Iraq) mentre le forze americane combattevano i ribelli, e altri migliaia sono morti a Mosul nelle battaglie contro lo Stato islamico.
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