Usa, volano gli insulti. Trump: "Torno a Butler"

Kamala? "Barbona". Donald? "Mai vicino di tavolo". E lui annuncia un evento sul luogo dell'attentato

Usa, volano gli insulti. Trump: "Torno a Butler"
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Kamala Harris? «Una barbona». Donald Trump? «Una persona a cui non ci si vorrebbe mai sedere vicini al ristorante». Volano insulti e repliche piccate nella campagna elettorale per la Casa Bianca. Come nel suo stile, «The Donald» ha già ribattezzato Kamala «la pazza», «la ridarella», «la fannullona», «la marxista», «l'antisemita che vuole giustiziare i neonati» (anche se Harris è sposata con un ebreo). L'ultimo di questi epiteti Trump lo ha lanciato da Palm Beach, Florida, a un evento organizzato dal movimento conservatore Turning Point Action, dove ha definito i cristiani «un gruppo che notoriamente non vota molto», invitandoli a farlo per lui a novembre, e poi smettere.

«Ha insultato cristiani ed ebrei», rispondono dalla campagna elettorale di Kamala Harris. Ma d'altra parte anche la promessa candidata democratica, pur in uno stile ben più compassato del ciclone Trump, non ha risparmiato accuse ed epiteti feroci all'avversario, ricordando giorni fa «quelli come Donald Trump», che lei ha affrontato quando era procuratrice in tribunale, cioè «predatori che abusavano di donne», «truffatori che hanno derubato i consumatori» e «imbroglioni che infrangevano le regole per il proprio tornaconto». Anche il candidato vice di Trump, il senatore dell'Ohio J.D. Vance, ci ha messo del suo, nella vecchia intervista contro «le gattare senza figli». E su questo fronte i repubblicani sono in vantaggio, in attesa di conoscere il nome del numero due che sarà scelto da Kamala Harris «entro il 7 agosto» per chiudere il ticket e lanciarsi nei tre mesi di campagna elettorale.

«The Donald», intanto, starebbe già preparando un evento scalda-popolo, «un raduno grande e bellissimo», come lo ha definito lui stesso sul suo social Truth, da mettere in piedi a Butler, in Pennsylvania, il luogo dove l'ex presidente è sopravvissuto a un attentato il 13 luglio. La ragione? «Onorare l'anima del nostro amato eroe pompiere, Corey (Corey Comparatore, rimasto ucciso dagli spari diretti a Trump, ndr), e di quei coraggiosi patrioti feriti due settimane fa». Il candidato repubblicano ha promesso che continuerà a fare comizi all'aperto perché «nessuno potrà mai essere autorizzato a fermare o impedire la libertà di parola o di riunione». E lui la parola continua a usarla come un'arma contro la rivale democratica. «Era una barbona tre settimane fa - ha detto venerdì in Florida - Era una vicepresidente fallita in un'Amministrazione fallita con milioni di persone che attraversavano il confine», il suo commento sull'immigrazione. «Ora abbiamo un nuovo candidato da sconfiggere: la vicepresidente più incompetente, impopolare e di estrema sinistra nella storia americana», ha aggiunto, ricordando che Harris «si è battuta con forza per togliere i fondi alla polizia e darli al Partito Democratico di sinistra radicale».

In un lotta senza esclusione di colpi, il New York Times ha svelato ieri il contenuto di una serie di una novantina di email e messaggi inviati dal repubblicano Vance, aspirante numero due di Trump alla Casa Bianca, a un compagno di università transgender a Yale, negli anni in cui si oppose alla candidatura di Trump.

Dalla corrispondenza emergono frasi del tipo «odio la polizia» (2014), «sono indignato dalla retorica di Trump» (2015), «più i bianchi votano per Trump, più i neri soffriranno» (2016). Affermazione di questo tenore. Poi Vance ha cambiato idea. Ma ora il passato gli viene sbattuto in faccia. Sono i fantasmi nell'armadio, esposti per mostrare tutto dei candidati. Ed è solo l'inizio.

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