Vaccini a tappeto e regia politica. Il cambio di passo del governo

Basta col paravento Arcuri, la guerra alla pandemia a un team guidato da Draghi con Curcio, Gabrielli e Giannini. In vista revisione del ruolo del Cts e più responsabilità ai ministri

Vaccini a tappeto e regia politica. Il cambio di passo del governo

Nel governo lo chiamano «il metodo Curcio». Il cambio rapido e silenzioso alla testa della Protezione civile, con il ritorno dell'ingegnere Fabrizio Curcio al posto di Angelo Borrelli, viene indicato come il primo segnale di un disegno di più vasta portata, che il premier ha chiaro in testa, per mutare passo nella gestione della lotta alla pandemia.

La Protezione civile, con la sua capillare e rodata macchina per fronteggiare le emergenze, era rimasta pressoché inutilizzata sotto il governo Conte, con il progressivo spostamento di deleghe e poteri ad un commissario straordinario Covid che fungeva anche da utile parafulmine per il governo. Domenico Arcuri è stato in questi mesi blindato e difeso a spada tratta da Conte e dal ministro Speranza, anche perché su di lui - complice la sua inarrestabile verve comunicativa - si scaricavano utilmente le critiche per gli insuccessi, i ritardi e le confuse strategie di cui l'esecutivo era quantomeno corresponsabile. Ora sono in pochi a dubitare, nel Palazzo, che il suo mandato volga inesorabilmente al termine, e che il governo Draghi non cercherà ulteriori e potentissimi paraventi: la responsabilità decisionale e politica della lotta alla pandemia torna a Palazzo Chigi, senza bisogno di poliedrici e volitivi (non si sa con quanta efficacia) supercommissari.

Il premier sarà affiancato dai ministri competenti e da una cabina di regia tecnica forte e ben affiatata: Curcio, che con la Protezione civile gestirà la nuova fase della campagna di vaccinazioni; il responsabile dell'Autorità delegata ai servizi Franco Gabrielli (che di Curcio fu predecessore alla guida del Dipartimento e che ora Draghi ha chiamato a Palazzo Chigi, e che avrà un ruolo chiave anche su un'altra emergenza di cui Draghi vuole resettare la gestione, quella dell'immigrazione) e nel prossimo futuro il probabile nuovo capo della Polizia Lamberto Giannini, già vice di Gabrielli. Un solido pacchetto di mischia che gode di stima trasversale nella politica, e che deve assicurare il cambio di fase nella guerra al Covid.

La priorità assoluta, per il governo, è quella dei vaccini. Lo si è visto dal piglio con cui il premier ha affrontato la questione durante il vertice Ue, nel quale - come nota un diplomatico europeo - «Draghi ha fatto Draghi», ritagliandosi immediatamente un ruolo centrale in un consesso in cui ha consuetudine da protagonista dai tempi della Bce. Senza risparmiare critiche ai ritardi della Commissione, ma anche indicando - in asse con Macron - la prospettiva di una «autonomia strategica» Ue in materia di produzione di vaccini e lotta alle pandemie, ma anche di difesa.

Draghi è il primo a sapere che il continuo tira e molla di aperture e chiusure, zone rosse e zone gialle, lockdown mirati o estesi, pur finora inevitabile, sta stressando oltremisura la psiche degli italiani e l'economia del paese, e comunque è una toppa e non la soluzione del problema. L'unica via d'uscita è l'immunizzazione di massa: così il governo sta imprimendo la svolta sull'allargamento della platea di chi riceverà la prima dose (sul modello britannico) e sulla logistica delle somministrazioni.

Basta fantomatiche e costossime «primule» arcurian-contiane: si vaccini ovunque, aeroporti e caserme, palestre e tende. Con la Protezione civile a gestire la campagna, affiancata anche dall'Esercito.

Nel frattempo si va verso una revisione anche del ruolo del Cts, con un deciso freno all'incontinenza comunicativa di alcuni suoi membri su decisioni ancora da prendere, e con un invito ai ministri a esercitare la propria responsabilità politica rispetto ai consulenti tecnici. Tramontano invece i «caminetti» notturni con le delegazioni dei partiti amati da Conte. A decidere sui singoli dossier saranno i ministri interessati sotto la regia del premier, come si è visto ieri sul caso Alitalia.

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