"Vallanzasca non si è pentito davvero". Respinto il ricorso, resterà in carcere

La Cassazione conferma il verdetto del Tribunale di Sorveglianza

"Vallanzasca non si è pentito davvero". Respinto il ricorso, resterà in carcere

La partita di Renato Vallanzasca con la giustizia non è chiusa e il nuovo round segna una sconfitta per il «Bel René». Che deve rimanere in carcere, dopo che la Cassazione ha respinto il ricorso presentato dai suoi difensori. Una conferma della decisione del Tribunale di sorveglianza di Milano, che a sua volta lo scorso 23 giugno aveva rigettato la richiesta di libertà condizionale o, in subordine, di semilibertà.

L'ex bandito della Comasina ha 71 anni e sta scontando quattro ergastoli. È detenuto nel carcere di Bollate. I suoi comportamenti, sottolinea la Suprema corte, non sono allo stato «oggettivamente tali da riflettere il definitivo ripudio del passato stile di vita e l'irreversibile accettazione di modelli di condotta normativamente e socialmente conformi». Così si legge nella sentenza depositata ieri. I giudici romani condividono la valutazione già emessa dalla Sorveglianza di Milano. In particolare nei punti in cui si mette in evidenza la «mancata emersione di atteggiamenti del condannato che segnino, nei confronti delle numerosissime vittime degli innumerevoli e gravissimi reati, anche al di là di risarcimenti di tipo economico, pur possibili alla luce della non seriamente contestata percezione di somme di denaro per pubblicazioni, diritti di autore, anche per lo sfruttamento cine-televisivo dell'esperienza di vita del condannato, un'evidente ed effettiva resipiscenza».

Ancora: il «processo di recupero» del detenuto Vallanzasca «non è stato e non è oggi esente da incertezze e profonde contraddizioni, il cui apice è rappresentato - scrive la Suprema corte - dalla non remota recidiva delittuosa e dai complessivi comportamenti minimizzanti assunti rispetto ai propri anche recenti comportamenti». La sua «prolungata detenzione», che dura dal 1981, quando venne arrestato dopo la terza evasione, è stata «varie volte interrotta - continua la sentenza - per benefici e misure premiali poi inevitabilmente revocati a causa dei comportamenti devianti del condannato, sicché non può certo dirsi che la privazione della libertà personale sia stata ininterrotta e senza possibilità di anticipata conclusione».

I giudici fanno tra l'altro riferimento a come nel 2014, «ammesso alla semilibertà», Vallanzasca «ha nuovamente commesso il delitto di rapina che costituisce l'ordinario dispiegarsi della sua personalità criminale».

Non solo: «L'avviato percorso di mediazione penale ha un carattere piuttosto astratto e a-specifico, in quanto caratterizzato da manifestazioni formali e senza un reale, pur possibile, effettivo confronto con le vittime dei reati».

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