«Vanno abbattuti». Il Tar del Lazio ha rigettato l'istanza d'urgenza di sospensiva del provvedimento notificato lunedì dall'Asl Roma 1 di uccisione per scossa elettrica dei 140 maiali e cinghiali della Sfattoria degli Ultimi, un santuario degli animali sito in via Arcore 92 a Roma, quale strumento preventivo in zona rossa della peste suina africana, malattia che non colpisce l'uomo e non registra nessun focolaio nell'area protetta. I 200 volontari non si danno però per vinti e annunciano «battaglia legale e resistenza pacifica ad oltranza». Non tutto, infatti, sembra perduto a livello giudiziario. La Sfattoria ha presentato ricorso ordinario al Tar e, anche laddove questo venisse respinto, procederà col Consiglio di Stato.
«Il giudice non ha riconosciuto il periculum in mora, ovvero il danno grave e irreparabile si legge sulla pagina Facebook della Sfattoria -. L'uccisione di 140 animali da affezione in un rifugio non è ritenuto un danno grave e irreparabile! Ora c'è bisogno dell'aiuto di tutti per contrastare l'esecuzione dell'abbattimento». Sono già in molti giunti da tutta Italia per presidiare la struttura h24. «I nostri animali sono controllati, microchippati, assolutamente sani e iscritti in banca dati nazionale come Pet si disperano dalla Sfattoria -. Non possono abbatterli». Quegli animali, tra l'altro, non sono destinati alla filiera dell'alimentazione, ma sono riconosciuti come animali da compagnia, eppure per l'Asl Roma 1 vanno trattati come quelli di alcuni allevamenti già uccisi, seppure sani. Per il commissario straordinario per la peste suina, Angelo Ferrari: «Non è accoglibile la richiesta di non procedere all'abbattimento, anche tenuto conto della carenza e inadeguatezza delle misure di biosicurezza come comunicato dall'Asl Roma 1».
Accuse che la Sfattoria rigetta: «I diritti degli animali sono tutelati dalla nostra Costituzione ma non dal giudice. È un incredibile episodio di malagiustizia» e incassano il sostegno del Codacons che parla di «decisione abnorme». Le associazioni animaliste sono scese in campo coi loro legali per proteggere i suidi e scongiurare che si crei un precedente che autorizzi in futuro l'abbattimento dei nostri animali da compagnia come prevenzione. Un precedente in senso contrario esiste: degli ovini, peraltro non microchippati né riconosciuti come animali d'affezione, destinati all'abbattimento dall'Asp 7 (Azienda sanitaria provinciale) di Ragusa, furono salvati dall'ex sindaco di Modica (Ragusa), Ignazio Abbate, che si assunse la responsabilità del caso e fu un autentico pioniere.
È lui stesso a spiegarci come: «Il sindaco è la massima autorità sanitaria sul territorio dice . Se non firma lui i provvedimenti dell'Asl, questi non diventano esecutivi. Al tempo feci un'ordinanza in cui riconoscevo quelle pecore e caprette animali d'affezione.
Furono ospitati in una fattoria e feci in modo che fossero protetti non solo loro, ma anche i figli che alcune avevano in grembo e la progenie futura. Nessuno potrà vendere o macellare quegli animali o la discendenza». Chissà che il sindaco di Roma non legga e decida di intervenire a favore o meno dei suidi della Sfattoria, già classificati d'affezione.
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