La tenevano d'occhio da settimane, avevano tracciato i suoi spostamenti dalla Sardegna a Milano, fino a quando la Guardia di Finanza l'ha bloccata. Cecilia Marogna, 39enne di Cagliari, ormai conosciuta da tutti come «la dama di Becciu» è stata arrestata dalle Fiamme Gialle dopo che gli inquirenti vaticani hanno emesso un ordine di cattura internazionale tramite l'Interpol. La donna era finita coinvolta nello scandalo finanziario che ha travolto il cardinale Angelo Becciu, «licenziato» dal Papa, il quale gli ha tolto, nel giro di venti minuti, anche i privilegi cardinalizi.
Dalle carte dei magistrati vaticani vengono a galla flussi di denaro partiti dalla Segreteria di Stato e finiti alla società slovena della donna, la Logsic D.o.o., sulla carta una società impegnata in attività umanitarie. Secondo quanto scoperto dagli inquirenti, Becciu, che aveva conosciuto Marogna nel 2016, quando era Sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato, avrebbe dato mandato a monsignor Alberto Perlasca, all'epoca capo dell'ufficio amministrativo del Dicastero e oggi indagato, di fare un versamento di 500mila euro all'azienda della 39enne, esperta in relazioni internazionali. Secondo l'accordo la donna avrebbe dovuto utilizzare quei fondi per attività riservate in alcune zone «calde» del mondo, come il Nord Africa, con lo scopo di proteggere le nunziature apostoliche e trattare con i jihadisti per la liberazione di religiosi in ostaggio. Buona parte di quei soldi, però, secondo quanto risulta dagli estratti conto della società della donna, anziché per queste missioni segrete, sarebbero stati utilizzati per spese personali: l'acquisto di abiti griffati, scarpe, cosmetici e arredi per la casa. Il tutto per una spesa di circa 250mila euro. Marogna si è sempre difesa dicendo che quel mezzo milione di euro faceva parte di un pacchetto che comprendeva anche il suo compenso per anni di lavoro, iniziato molto tempo prima di ricevere quei soldi.
In realtà, come hanno scoperto e documentato Le Iene, quella della Marogna sarebbe una società «fantasma»: nel palazzo di Lubiana dove dovrebbe aver sede la Logsic, esiste soltanto una cassetta postale condivisa con altre cinque società e un ufficio chiuso senza nemmeno la targhetta.
In tutto questo il cardinale Becciu, dopo aver fatto sapere di essere stato «truffato» dalla donna, ha dichiarato tramite il suo legale che «i contatti con Cecilia Marogna attengono esclusivamente a questioni istituzionali». Nell'inchiesta, però, sarebbero finiti anche altri due versamenti da 500mila sterline effettuato sempre su ordine dell'ex Sostituto verso una società londinese specializzata, anche questa, in attività d'intelligence. A suggerire i versamenti al porporato sardo sarebbe stata sempre la 39enne di Cagliari che in più occasioni, con interviste e dichiarazioni stampa, si è difesa rivendicando di aver costruito «una rete di relazioni molto importante per tutelare anche alcune missioni religiose da rischi ambientali e da cellule terroristiche», spiegando che «i fondi in Slovenia erano di garanzia per le operazioni in Africa». Sulle spese personali, invece, ha ribadito: «Era una restituzione degli anticipi che io avevo utilizzato come mie risorse, le spese in questo settore così sensibile non possono essere tracciate».
Una versione che, a quanto pare, non ha convinto per niente gli inquirenti della Città del Vaticano che, adesso, vogliono sentire con le proprie orecchie come siano andate per davvero le cose. Già nelle prossime ore Marogna potrebbe essere ascoltata dal promotore di giustizia del Tribunale Vaticano.
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