Cleveland - La santa alleanza anti-Trump parte dal Texas: mentre dal palco della Convention repubblicana di Cleveland il senatore Ted Cruz assesta un sonoro schiaffo al tycoon negandogli il suo endorsement, c'è chi trama dietro le quinte per indebolirlo. Cruz, a differenza di tanti altri big del Grand Old Party, ha accettato di parlare durante la kermesse alla Quicken Loans Arena e si è congratulato con il suo acerrimo rivale alle primarie per la conquista della nomination, ma al termine del discorso ha negato a Donald Trump il suo appoggio. «Votate secondo coscienza», è stato il suo messaggio, accolto con un coro di «buuu» dalla platea. «Non sostengo chi attacca mio padre e mia moglie, non sono un cagnolino», ha poi spiegato il senatore texano a chi lo ha criticato.
La questione, dunque, è personale oltre che politica, ma per molti osservatori si è trattato in ogni caso di uno sgarbo visto che l'ex candidato alle primarie ha accettato di salire sul palco di Cleveland. «Wow, Ted Cruz è stato fischiato, non ha onorato l'impegno! Che parli pure, non importa», ha ribattuto su Twitter il re del mattone, giunto alla Q Arena per ascoltare il figlio Eric proprio mentre l'ex rivale lasciava il palco tra i fischi. Ma l'incoronazione di Trump, che ieri sera ha accettato formalmente la nomination per la corsa alle Casa Bianca, è solo l'inizio della resa dei conti con il correntone del partito repubblicano, dietro al quale sembra esserci la lunga mano del clan Bush, che per la prima volta da 40 anni non ha partecipato alla kermesse Gop. Dal 1948 la famiglia che ha dato i natali a due ex presidenti Usa ha giocato un ruolo significativo in ogni singola Convention. Quest'anno invece, dopo l'umiliazione dell'ex governatore della Florida Jeb, costretto (quasi in lacrime) al ritiro dalle primarie dopo il voto in South Carolina, i Bush hanno giurato «vendetta» al miliardario newyorkese.
Anche se Trump li ha definiti la storia passata del partito repubblicano, loro continuano dietro le quinte a tessere una tela di rapporti con cui puntano ad indebolire il tycoon in termini di progressiva erosione del consenso, ma anche in termini di finanziamenti da parte di elettori facoltosi. Controverso o meno, il clan Bush ha comunque una grande influenza all'interno del mondo conservatore, e parlando con fonti legate agli ambienti dell'industria del greggio o della finanza energetica emerge come anche la lobby petrolifera, che è tutto sommato da sempre vicina alla famiglia, non vede di buon occhio il re del mattone. Il timore, qualunque sia il risultato delle elezioni di novembre, è che lo stile aggressivo di Trump e la sua retorica anti-immigrati possa compromettere la solidità del marchio Gop.
A Cleveland in questi giorni è in corso una sorta di Convention parallela per raccogliere i cocci di un partito diviso e gettare le basi delle prossime battaglie politiche.
Ma la crociata anti-Trump procede anche fuori dai confini dell'Ohio con finanziatori, decani conservatori, sconfitti e volti nuovi, a partire dall'asse texano che unisce la frangia tradizionale del clan Bush con quella neocon e ultra-religiosa di Cruz.
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