Se perfino la severa Moody's ha promosso l'Italia, allora vuol dire che il lavoro fatto dal governo per conquistare la fiducia dei mercati sta dando i suoi frutti. L'agenzia statunitense Bloomberg ieri ha sottolineato il risultato definendolo come una «grande vittoria» della premier Giorgia Meloni. Allo stesso modo, Reuters ha scritto di una «spinta inaspettata» all'esecutivo. Questo vale molto, ed è un termometro di quello che ci si potrà aspettare domani alla riapertura dei mercati per il peso che queste agenzie di stampa hanno sempre avuto sugli investitori. Aria fresca per i nostri titoli di Stato, a rinforzo di uno spread (il differenziale di rendimento tra i titoli di Stato italiani e quelli tedeschi) che si era raffreddato nelle ultime settimane a 176 punti dal picco di 209 raggiunto a ottobre.
Dopo le conferme sul nostro merito creditizio di altre importanti agenzie di rating come S&P, Fitch e Dbrs, quindi, tutta l'elite internazionale sembra essersi accorta della manovra prudente dell'Italia e dei progressi fatti. La stessa Moody's ha dovuto ricredersi, proprio lei che aveva peggiorato le prospettive sul Paese dopo la caduta del governo Draghi. L'agenzia ha apprezzato gli sforzi per differenziare l'approvvigionamento del gas, ma anche la forza del settore bancario italiano che è «migliorato significativamente». Sono sotto gli occhi di tutti, infatti, i profitti miliardari realizzati dalle più grandi banche, che per il momento rimangono scariche di crediti deteriorati e hanno un'elevata capitalizzazione. Anche grazie a una legge varata dal governo che le porterà a fare maggiori accantonamenti. Questo rende gli istituti di credito capaci di resistere agli choc e, anche, di poter sostenere maggiormente l'economia nel caso questa dovessere impantanarsi. Su questo punto, infatti, il centro studi di Confindustria ieri ha scritto di un «Pil fermo nel terzo trimestre» e di indicatori che all'inizio del quarto trimestre vedono «l'attività nei servizi in lieve calo, come nell'industria». Ma, evidentemente, Moody's nel rivedere le prospettive sulla solvibilità del debito da «negative» a «stabili» ha ritenuto che il Paese abbia spalle abbastanza larghe per attraversare l'attuale fase di rallentamento dell'economia e la capacità di centrare l'obiettivo di «ridurre il deficit nei prossimi anni» per controllare «la traiettoria del debito». Un'apertura di credito non scontata, dal momento che Moody's è l'agenzia con la valutazione meno positiva sulla solvibilità dell'Italia (all'ultimo gradino degli emittenti più affidabili). Si temeva potesse declassarla, facendola finire nel girone dei debitori meno solidi e uscire dal radar di investimento dei grandi fondi internazionali, una vera iattura per i nostri Btp. Invece Moody's non solo non ha declassato il Paese, ma l'ha tolto da una pericolosa zona retrocessione.
Ieri intanto è stata la giornata delle reazioni soddisfatte all'interno della maggioranza. «Alla faccia dei gufi l'Italia corre e quest'anno crescerà più della Germania», ha commentato il vicepremier Matteo Salvini.
Il giudizio «positivo di Moody's conferma che la strada intrapresa dal Governo è corretta», ha affermato invece il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, «ma non basta, dobbiamo continuare seguendo l'impostazione che ci porta a seguire rigore e attenzione alla Spesa pubblica».
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