Le verifiche per la terza rata di aiuti. Gentiloni rassicura: non ci sono ritardi

Il commissario europeo: "Chiediamo uno sforzo perché sappiamo che sta arrivando la parte più difficile, non solo per l'Italia"

Le verifiche per la  terza rata di aiuti. Gentiloni rassicura: non ci sono ritardi
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Il successo del Pnrr italiano «è anche quello dell'Unione europea». Gli occhi della Commissione sono puntati su Roma, cioè sul Paese maggiormente esposto, avendo chiesto e ottenuto la quota massima di prestiti a disposizione del Piano, oltre a quella prevista a fondo perduto: 191 miliardi che vanno spesi entro il 2026. Per bocca del Commissario agli Affari economici, Paolo Gentiloni, arriva la sollecitazione a fare bene e a fare presto. La partita si incrocia con quelle della crescita e del debito, delle riforme e degli investimenti che a quel Piano si agganciano. Se dunque va modificato, e per l'esecutivo Meloni va modificato, bisogna che la revisione arrivi agli uffici «quanto prima, avverte Gentiloni, «entro giugno».

È il giorno della presentazione delle raccomandazioni di Bruxelles ai Paesi membri, contenute nel pacchetto di primavera. L'attuazione del Pnrr è al centro dei moniti a tutti gli Stati: «Invitiamo i Paesi membri ad accelerare o a continuare nell'attuazione dei piani nazionali, a seconda dei casi». Quello italiano «è in corso - si legge nel report Ue - ma con un rischio crescente di ritardi». La Commissione raccomanda all'Italia di «garantire una governance efficace e rafforzare la capacità amministrativa, in particolare a livello subnazionale, per consentire un'attuazione continua, rapida e costante del Piano» e di «procedere alla rapida attuazione dei programmi della politica di coesione». Del resto il nostro Paese attende ancora il via libera alla terza tranche da 19 miliardi di euro di dicembre, su cui la Commissione si è presa un surplus di valutazione. I tecnici di Bruxelles stanno ancora controllando la documentazione. «Stiamo ultimando la nostra valutazione sulla terza rata ma questo non significa che il piano in sé sia in ritardo - spiega Gentiloni - Quello che noi chiediamo con forza è uno sforzo, perché sappiamo che la parte più difficile del piano arriverà, non solo per l'Italia».

I timori europei sono quelli di un mancato raggiungimento degli obiettivi in relazione anche alle modifiche che Roma vuole apportare e che Bruxelles attende: «Abbiamo bisogno di un forte impegno, in particolare se il piano verrà modificato - precisa Gentiloni - Siamo disponibili a discuterne in modo flessibile e costruttivo ma questo deve essere fatto quanto prima». Ci sono dei tempi: «Non guardiamo alle scadenze formali - ancora Gentiloni - ma alla realtà. E la realtà ci dice che l'Italia dovrebbe richiedere una quarta erogazione a giugno e una quinta a dicembre. È chiaro che per mantenere questo ritmo bisogna che la discussione sulle più che legittime richieste di modifica avvenga il prima possibile, perché è difficile farla dopo giugno».

Nelle stesse ore il ministro per il Pnrr Raffaele Fitto è in Aula alla Camera a rispondere al fuoco incrociato di question time e interrogazioni. Quanto alle modifiche al Piano da trasmettere a Bruxelles, prima si passerà dalla «relazione semestrale che verrà inviata al Parlamento la prossima settimana, in ordine all'effettiva possibilità di realizzare tutti gli investimenti previsti». È stata fatta una verifica di fattibilità dei progetti e una rimodulazione sarà necessaria «nella prospettiva di garantire un utilizzo efficace di tutte le risorse e di individuare le forme di finanziamento più adeguate, rifuggendo da soluzioni semplicistiche che alla prova dei fatti risultano del tutto inattuabili» rispetto alla scadenza del giugno 2026.

Quanto alla terza tranche, «tutti gli atti e provvedimenti necessari al conseguimento della terza rata» previsti entro il 31 dicembre 2022 «sono già stati adottati». Le raccomandazioni di Bruxelles, tiene a dire poi Fitto in una nota, «sono in linea con la visione e le priorità del governo», e sulle modifiche l'interlocuzione è «positiva».

Siamo comunque a un giro di boa delicato perché ora si apre la fase di messa a terra dei progetti. Nel caso di un ritardo certificato, l'Italia potrebbe perdere una parte consistente dei fondi, i contributi verrebbero immediatamente sospesi.

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