"La verità su Bellocco? Va cercata in Calabria"

Sfogo di un inquirente dopo l'omicidio dell'ultrà vicino alla 'ndrangheta: "La Procura venga qui"

"La verità su Bellocco? Va cercata in Calabria"
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«Per capire cosa è successo e cosa succederà dopo la morte di Antonio Bellocco bisogna scendere in Calabria. Non mi risulta che alcun pm milanese si sia ancora mosso in tal senso». Dalla Calabria arrivano almeno tre «pizzini», tutti da interpretare. Il primo è lo sfogo di uno dei tanti inquirenti che si occupa di 'ndrangheta e che lamenta lo scarso coordinamento tra Milano e Reggio Calabria sull'omicidio Bellocco, ucciso dall'amico-rivale Andrea Beretta e non solo. «Al momento c'è solo uno scambio di informazioni. Il coordinamento investigativo formale ha una struttura più articolata non ancora matura», ci conferma un'altra fonte.

Il rischio di una recrudescenza militare per vendicare con il sangue la morte dell'esponente della storica cosca di Rosarno è ancora altissimo, come conferma un affiliato (altro pizzino) a Klaus Davi. In sintesi: «Che sembri un suicidio in cella o meno poco importa, Beretta deve morire». Specie se dall'autopsia dovesse emergere un accanimento. L'arresto, chiesto da Paolo Storari e Sara Ombra della Dda, è stato convalidato dal gip Lorenza Pasquinelli «per non alimentare la faida». C'è attesa per i risultati: secondo la dinamica più accreditata, l'assassino pensava che l'ultrà interista in odore di 'ndrangheta lo volesse ammazzare, si sarebbe ferito cercando di sparargli dentro la macchina davanti alla palestra Testudo di Cernusco sul Naviglio, poi avrebbe infierito su di lui, accoltellandolo più volte. Il movente? La gestione dei business milionari dietro la Curva dell'Inter. L'eventuale ritorsione potrebbe nuocere agli affari, dalla droga ai parcheggi, dal merchandising al bagarinaggio. Qualcuno teme che Beretta, sapendo di avere una taglia sulla testa, possa raccontare tutto (ma il suo legale Mirko Perlino nega).

La pratica è sul tavolo del capoclan delle famiglie Pesce-Bellocco, Giuseppe Pesce detto Testuni (cugino della vittima), appena uscito da 13 anni al 41bis. Ma la famiglia Bellocco reclama una propria autonomia con una nota dell'avvocato Giacomo Iaria che riporta il pensiero della madre di Bellocco Aurora Spanò, condannata a 25 anni di carcere al 41bis (sette in più del marito Giulio Bellocco, morto a gennaio a 74 anni) al processo Tramonto, simbolo di quella 'ndrangheta matriarcale in cui sono le donne a comandare.

Eccolo, il terzo pizzino. Poche parole di amarezza per l'accostamento di Bellocco alla mafia calabrese, come se il fatto di essere un rampollo di un casato mafioso «giustificasse» la sua tragica morte, con un passaggio del tutto inedito. «I familiari si affidano all'iter giudiziario (...) confidando nell'operato della magistratura per tutelare un giovane sottratto per sempre al suo ruolo di padre e marito». Possibile che la famiglia che a Rosarno fa il bello e il cattivo tempo (ma per il sindaco Pasquale Cutrì «il 99% dei rosarnesi è onesto») si fidi di pm e giudici? C'è chi ci legge la volontà di ribadire che l'eventuale giustizia sommaria contro Berro - se dovesse esserci - sarà solo il frutto amaro di una mancata verità. La magistratura appare incapace, fino a ora, di mettere ordine tra i tanti segnali della polizia giudiziaria. L'ipotesi della pax mafiosa non regge più, gli screzi interni al mondo delle curve sono già costati la vita a «Zio Vittorio» Boiocchi, mentore di Beretta, ammazzato da cinque proiettili di fabbricazione cecoslovacca il 29 ottobre 2022.

Un omicidio su cui Beretta si è fatto un'idea che potrebbe raccontare alla Procura, convinta che qualcosa sappia anche il presunto ras della Barona Nazzareno Calaiò alias Principe, pizzicato in un'intercettazione a invocare la testa di Boiocchi e oggi in cella da invalido, su cui pende il verdetto del processo Barrio in abbreviato, previsto per lunedì prossimo.

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