La verità sulla morte di Sana: "Le hanno spezzato il collo"

L'autopsia conferma l'omicidio. E il giudice ordina: "Padre, zio e fratello della vittima restino in cella"

La verità sulla morte di Sana: "Le hanno spezzato il collo"

Altro che «stroncata da un malore», Sana Cheema, 25 anni, è stata uccisa. Come si era sospettato fin dall'inizio. E come ora l'esito di dell'autopsia ha drammaticamente confermato. I tre artefici (padre, zio e fratello) dell'«omicidio familiare» sono in carcere in Pakistan. E lì speriamo restino per il resto dei loro giorni. Perché ciò che hanno fatto alla povera Sana è bestiale. L'hanno strangolata fino a spezzarle l'osso del collo.

La sua «colpa»? Vivere, a Brescia, come una donna normale del suo tempo. Una normalità che le belve assassine di Sana avvertivano come un'«offesa alla propria tradizione religiosa».

Vestire e comportarsi «all'occidentale», per i killer della giovane, era qualcosa da vendicare col sangue; «occidentale», eccola la parola da cui Sana doveva emendarsi agli occhi dei suoi aguzzini. I quali, prima l'hanno fatta andare in Pakistan con l'inganno, e poi le hanno tentato di imporre un matrimonio combinato: inevitabile il «no» di Sana. Una risposta che ha sancito la sua condanna a morte. «Delitto d'onore», l'ha definito la stampa pachistana: ma il concetto «onore» è quanto di più lontano ed estraneo a una vicenda atroce che ha stroncato l'esistenza di Sana.

Lei, italo-pakistana, si sentiva molto più italiana che pachistana; ma quando in quel maledetto 18 aprile cercò di ribadirlo alla sua famiglia, chi avrebbe dovuto amarla iniziò a odiarla sempre di più. Fino a stringerle le mani al collo. Sempre di più. Poi il tentativo di depistaggio: «Si è sentita male». Non era vero. Oggi ne abbiamo la prova. A fornirla è stato il Laboratorio forense del Punjab. Il rapporto medico recita testualmente: «l'osso del collo è stato rotto, decesso per strangolamento».

«Lo zio, il padre e il fratello di Sana sono in carcere su disposizione del giudice distrettuale - confermato il segretario della comunità pakistana in Italia, Raza Asif -. Oltre al padre di Sana, Mustafa Ghulam, al fratello Adnan Cheema, e allo zio, Iqbal Mazhar, è coinvolto anche un cugino della giovane (accusato di aver trasportato il cadavere fino al luogo di sepoltura) e il medico che ha firmato il certificato di morte. È stato proprio il medico a denunciare i familiari 25enne. Da qui la riesumazione del cadavere e la successiva autopsia».

Padre, zio e fratello avrebbero anche tentato la fuga verso l'Iran, ma sono stati bloccati. Anche la Procura di Brescia ha intanto aperto un'inchiesta e si è già messa n contatto con l'Ambasciata italiana ad Islamabad per avere tutta la documentazione sul caso.

Il corpo di Sana, morta a Mangowal nel distretto di Gujrat, era stato esumato su ordine di un giudice, dopo che la famiglia aveva affermato che la donna era morta per «cause naturali», parlando anche di «una lunga malattia, di un ricovero e delle relative cure presso un ospedale privato».

Nel corso delle indagini, però, l'«ospedale privato» aveva smentito di aver «ricoverato e curato» l'italo-pakistana, affermando che era stata invece nella clinica solo per una «semplice visita di controllo l'11 aprile (7 giorni prima della morte ndr)» e che «nulla di grave le era stato riscontrato», tanto da «essere subito dimessa».

Tante bugie. Dette da tre veri assassini.

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