Veronica Padoan, l'attivista figlia del ministro In piazza con i profughi (e contro il governo)

Veronica Padoan, l'attivista figlia del ministro In piazza con i profughi (e contro il governo)

La regola dei panni sporchi che si lavano in famiglia non vale se tuo padre fa il ministro e tu sei una battagliera attivista che difende i diritti dei migranti dagli abusi del caporalato. Non se ti chiami Veronica, di cognome fai Padoan e sei la figlia di Pier Carlo, titolare dell'Economia. E allora eccoti giù, in piazza, a sparare a zero contro le politiche tutto «slogan» e niente sostanza del governo. Soprattutto contro quel collega di papà, Andrea Orlando, che è ministro della Giustizia e che ieri è arrivato a Foggia per assicurare che «nessuno deve sentirsi solo in Puglia», perché la nuova legge per combattere la «piaga inaccettabile» dello sfruttamento arriverà «entro la fine dell'anno».

Ma proprio mentre il Guardasigilli è impegnato nel vertice programmato in Prefettura, fuori dal palazzo Veronica, referente della rete «Campagne in lotta», è armata di megafono e accompagnare la manifestazione pacifica di un gruppo di lavoratori africani simbolo di baraccopoli abbandonate a se stesse, come il Gran Ghetto di Rignano.

Profilo più ribelle, socialmente «impegnato», di certo meno istituzionale della sorella Eleonora, che lavora in Cassa depositi e prestiti, Veronica si batte nella denuncia della schiavitù delle campagne, da ben prima che il padre andasse a via XX Settembre a presiedere le Finanze del governo Renzi. Evento che evidentemente non ha segnato un giro di boa nella sua parabola attivista, né soddisfatto la sete di risposte all'emergenza nel foggiano e non solo.

Allora eccola, in piazza insieme ai rappresentanti dei lavoratori immigrati, a ripetere ai cronisti che è inutile pensare di «smantellare i ghetti», cosa che «la giunta Vendola aveva millantato di fare dal 2014», se prima «non si organizza effettivamente il lavoro nei campi». Ed ecco la rete di cui è referente, poco dopo la visita di Orlando, picchiare più duro, tuonando con un comunicato dal titolo «Basta bugie!» che è un manifesto contro l'esecutivo e contro il titolare di via Arenula che «non si è nemmeno degnato di incontrarci» scrivono gli attivisti. Non solo, brucia «l'ipocrisia delle istituzioni e del governo che usano il caporalato come il solito specchietto per le allodole per non affrontare davvero la questione».

Dopo la riunione, Orlando ha voluto mettere piede nella «città fantasma», dove abitano «migliaia di uomini e donne schiavi». Ha postato le foto su Facebook, ha ribadito di voler accelerare con la legge. Ma «il giochino di catalizzare tutta l'attenzione sui ghetti lascia il tempo che trova», dice Veronica.

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