Ieri, leggendo un noto giornalone, siamo inciampati in una nuova battaglia della sinistra. Una autorevole cronista dell'autorevole quotidiano (che il giorno precedente aveva dedicato un eccitato portfolio alle pin-up del calendario Pirelli) ha pubblicato un articolo indignato sulle targhette sessiste dei bagni all'Università La Sapienza. Motivo? Nelle immagini stilizzate sulle porte l'uomo è in giacca e cravatta, pronto (è l'ipotesi) per andare in ufficio; mentre la donna, «che sembra una pin-up», «ammiccante» (è l'ipotesi) è «pronta per una sfilata di moda».
Considerazioni della giornalista:
la cosa è scandalosa; tanto più in uno spazio pubblico frequentato dalle nuove generazioni di donne che si battono contro ogni forma di maschilismo; siamo in un'Università o in un museo archeologico del patriarcato?; ciò potrebbe sfociare nella violenza di genere; forse c'entra anche il femminicidio di Giulia Cecchettin; si inizia sempre da una distorta rappresentazione della donna; raffiguriamo gli uomini ai fornelli!
Considerazioni nostre: lui indossa la cravatta, lei un tubino; sono entrambi eleganti; semmai è lui che sembra un impiegato sottopagato e lei una
manager di successo; (per una volta che lei non ha la barba e lui una gonna...
); cosa c'è di sessista nel riconoscere la realtà biologica di uomini vestiti da uomini e donne vestite da donne?; le etichette servono a non sbagliare porta, gli articoli idioti a rendere la gente intollerante.E ciò spiega come la sinistra italiana passò dal riformismo del PCI al sessismo dei WC.
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