La "vescova" sfida Donald. "Pietà per gay e irregolari". E ora si schiera anche la Cei

La predica di Budde: "Omosex, trans e irregolari hanno paura". La Conferenza: "Difendere la dignità umana"

La "vescova" sfida Donald. "Pietà per gay e irregolari". E ora si schiera anche la Cei
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Nemmeno il freddo polare, che ha stravolto la liturgia dell'Inauguration Day, costringendola al chiuso della Rotonda del Campidoglio e ridimensionando l'atteso bagno di folla sul Mall, era riuscito a turbare Donald Trump. C'è riuscita Mariann Edgar Budde, la vescova di Washington, lanciando direttamente un appello al 47esimo presidente degli Stati Uniti durante la funzione religiosa di martedì nella National Cathedral, l'atto conclusivo del programma delle quattro giornate inaugurali. Al termine del suo sermone, Budde ha esortato Trump, «in nome di Dio, ad avere pietà delle persone nel nostro Paese che ora hanno paura», citando immigrati e persone Lgbtq. «Le chiedo di avere pietà, signor Presidente. La grande maggioranza degli immigrati non sono criminali. Un tempo eravamo tutti stranieri in questa terra», l'appello, mentre Trump ascoltava con attenzione le parole della vescova, rivolgendo brevemente lo sguardo in basso.

Il vicepresidente JD Vance, seduto poco distante, alzava le sopracciglia. «Potevano fare meglio», si è poi lamentato Trump con i giornalisti parlando della cerimonia. «Toni sgradevoli», ha scritto sui suoi account social. La vescova Budde, 65 anni, prima donna nel 2011 a ricoprire il ruolo di leader spirituale della Diocesi Episcopale di Washington, non è nuova a questi attacchi. Nel 2020, scrisse sul New York Times un durissimo editoriale contro Trump. Ma al nuovo presidente, per le sue politiche anti immigrazione, sono già arrivate le critiche di gerarchie religiose ben più influenti. «A noi interessa la dignità dell'uomo, la protezione della vita, l'accoglienza. Politiche o parole che sono di danno alla dignità dell'uomo troveranno il nostro dissenso. Da qualsiasi parte possano provenire queste parole», ha detto ieri il segretario generale della Cei, monsignor Giuseppe Baturi, parlando dell'approccio all'immigrazione della nuova Amministrazione Usa.

Parole che fanno seguito alla scelta a inizio gennaio, da parte di Papa Francesco, del cardinale Robert McElroy come nuovo arcivescovo di Washington. La nomina del «leone liberal», come è soprannominato nel mondo cattolico Usa McElroy per le sue posizioni su temi come il diaconato femminile, i migranti e la comunità Lgbtq, è stata chiaramente letta come una mossa anti Trump di Bergoglio. E come una risposta alla nomina a nuovo ambasciatore Usa presso la Santa Sede dell'ultra tradizionalista Brian Burch, presidente di CatholicVote, amico del cattolico convertito JD Vance. Un contrasto, quello tra Bergoglio e Trump, che cova ancora sotto la cenere, ma che potrebbe presto infiammarsi con la rapida implementazione delle politiche anti immigrazione del nuovo presidente. Compresa la decisione di autorizzare le autorità federali per l'immigrazione, lo United States Immigration and Customs Enforcement, ad effettuare controlli e arresti in luoghi come chiese e scuole, mettendo fine alla politica che dal 2011 imponeva di evitare le cosiddette «aree sensibili».

Sarebbe un paradosso, che al buon rapporto tra Bergoglio e il cattolico pro-abortista Biden (che ha assegnato al Papa la Medal of Freedom, massima onoreficenza civile Usa), facesse seguito uno scontro con Trump. È stato il tycoon, che pure in campagna elettorale si è tenuto a distanza di sicurezza dal tema e non lo ha mai citato nel suo discorso inaugurale, che attraverso le sue nomine di giudici conservatori alla Corte Suprema ha messo fine al diritto all'aborto negli Usa a livello nazionale, lasciando che la questione sia regolata dai singoli Stati.

Secondo i sondaggi dell'Associated Press, nel 2020, Trump e Biden si divisero quasi alla pari il voto cattolico (50%-49%). Lo scorso 5 novembre, a Trump è andato il voto del 54% dei cattolici Usa, rispetto al 44% di Harris.

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