Graziano Cioni può permettersi il lusso di essere obiettivo e parlare bene dei suoi nemici. O quasi. A Firenze, la presentazione del suo libro di memorie (Cioni Ti ama, persona informata sui fatti, Sarnus, pp. 160, 14 euro) era attesa come un evento. Chiaro. Lui, assessore anni Novanta che impose a una città «bottegaia» la Zona a traffico limitato, lo sceriffo che mise da parte il buonismo in tempi non sospetti, ha attraversato tutte le ere geologiche della sinistra. Non ha niente da perdere e può dire la sua su tutto e tutti. In particolare su Matteo Renzi che in città non è amato. E non da oggi. Non molto tempo fa una matricola nel partitone, eppure leader da subito. «Già scelto ai piani alti come un predestinato». A lui, il vecchio leone della politica toscana riconosce diversi meriti, ma anche tratti preoccupanti per un capo. Vendicativo, implacabile. Incapace a scegliere i collaboratori. I renziani, sono cattivi senza qualità, nel libro di memorie del vecchio comunista. Cioni, che non può essere accusato di pregiudizi, visto che non lesina riconoscimenti ad esponenti della destra lontanissimi da lui, scrive pagine commoventi sulla famiglia e altre che grondano sarcasmo da maledetto toscano. Come quelle dedicate agli esponenti del Giglio Magico.
C'è, ad esempio la storia di Maria Elena Boschi. «È arrivata in Parlamento, credo in treno, da Arezzo, ma chi cerca qualche traccia dei suoi percorsi politici prima di fare il ministro, cade nel vuoto più assoluto». L'attuale sottosegretario alla presidenza Boschi ai tempi delle primarie per il sindaco di Firenze era nello staff di Michele Ventura, candidato contrapposto a Renzi. Insieme a Bonifazi, ex tesoriere Pd, poi fedelissimo dell'ex premier. Uno dei punti oscuri delle prime primarie di Renzi.
Molti dubbi sulle qualità di Boschi che è «da sempre uno dei grossi problemi di Matteo. Senza nessuna esperienza politica o diplomatica, se non una volenterosa e troppo improvvisa carriera di ministro, ogni volta che apriva bocca era la catastrofe, tanto che la domanda degli esperti di sondaggi a un certo punto era diventata: Toglie più voti al Pd lei o Verdini?».
Aneddoti irriverenti anche sul ministro allo Sport. Cioni mette su carta stampata un ricordo di Luca Lotti che è di molti fiorentini. Ai tempi delle primarie per il sindaco «appena ci sedevamo sui divani del suo ufficio, subito» Renzi «chiamava il suo segretario: Luca, portaci due caffè boni a me e a Graziano». E chi pensa che questo possa essere un ostacolo alla carriera, non ha capito come funziona la politica italiana. Ogni volta che Lotti si presentava in Parlamento ai tempi del governo Renzi, «subito si formava la fila di eminenti personaggi del Pd che gli volevano parlare. La sensazione era che quando parlavi con lui, dalla sua bocca usciva la voce di Matteo».
Chi ha sempre parlato poco è Marco Carrai. Mite di temperamento, ma implacabile nel tessere rapporti. Unico momento da protagonista, il matrimonio a San Miniato ai Monti. Privilegio unico e cartina di tornasole di un'influenza costruita con tante amicizie potentissime. L'unico che, insieme a Lotti, ha accompagnato Renzi fin dall'inizio.
Poi c'è Matteo Renzi. Nasce portaborse di Lapo Pistelli e in breve lo surclassa. Avversario politico al quale Cioni riconosce doti umane e la correttezza di non avere utilizzato la dolorosissima vicenda giudiziaria (dalla quale è uscito pulito ma con le ossa rotte). Cioni era stato accusato di avere fatto da tramite tra Fondiaria e lo stesso Renzi, per favorire la compagnia di assicurazione. L'allora presidente della Provincia riconobbe la sua estraneità ai fatti.
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