Scomunicato in tempi record, dopo un processo dell'ex Sant'Uffizio che lo ha ritenuto colpevole del delitto di scisma. Si conclude così (per ora) il caso di monsignor Carlo Maria Viganò, l'ex nunzio apostolico negli Stati Uniti che da anni ha intrapreso una battaglia contro Papa Francesco e la Chiesa cattolica, a suon di accuse, veleni e teorie complottistiche. Due giorni fa il Congresso del Dicastero per la Dottrina della Fede, dopo averlo invitato inutilmente a comparire o a nominare un avvocato entro la fine di giugno, si è riunito per chiudere il processo a carico dell'arcivescovo 83enne. E lo ha fatto, diramando ieri un comunicato in cui si afferma che «sono note le sue affermazioni pubbliche dalle quali risulta il rifiuto di riconoscere e sottomettersi al Sommo Pontefice, della comunione con i membri della Chiesa a lui soggetti e della legittimità e dell'autorità magisteriale del Concilio Ecumenico Vaticano II. All'esito del processo penale, Mons. Carlo Maria Viganò è stato riconosciuto colpevole del delitto riservato di scisma».
«Una sentenza già scritta» aveva accusato Viganò sui suoi social quando l'ex Sant'Uffizio gli chiese di presentarsi nei propri uffici per prendere nota delle accuse a suo carico. In realtà lui stesso qualche giorno fa, in un video ha attaccato nuovamente il Papa: «Io accuso Bergoglio di eresia e di scisma», ha detto, aggiungendo di non riconoscere la legittimità del tribunale che lo avrebbe voluto giudicare, del suo prefetto, il cardinale argentino Victor Manuel Fernandez e di chi lo ha nominato, ossia Papa Francesco. Esternazioni che hanno preceduto di qualche giorno la sentenza con la pena della «scomunica latae sententiae», pena che potrà esser tolta soltanto dal Papa e con la quale adesso gli sarà proibito di celebrare la Messa e gli altri sacramenti, di ricevere i sacramenti e di amministrarli, di avere incarichi o funzioni ecclesiastiche. Dal canto suo, Viganò, ha già fatto intendere che non rispetterà questi obblighi, annunciando che continuerà a celebrare soprattutto per amici e benefattori. Nonostante ciò, l'ex nunzio appare sempre più isolato: persino i membri della fraternità sacerdotale san Pio X, fondata dall'arcivescovo Marcel Lefebvre, che venne scomunicato per scisma nel 1988, hanno preso le distanze. A seguire i passi dell'arcivescovo è rimasta solo una piccola comunità di sacerdoti che si definiscono «epurati da Bergoglio» e che vivono in un eremo su un colle fuori Viterbo. Pur non dicendosi «scismatici» e dichiarandosi «fedeli alla Chiesa come qualsiasi altro cattolico», hanno sposato la linea di Viganò che con un post su X ha chiesto sostegno e donazioni alla propria fondazione «per la formazione tradizionale di sei giovani seminaristi».
In questi anni l'arcivescovo di soldi ne ha ricevuti tanti: idolo dei «no-vax» e dell'ultradestra cattolica americana vicina a Trump ha portato avanti varie battaglie: contro il vaccino per il Covid e, a proposito della guerra in Ucraina, schierandosi dalla parte di Putin. Sono molto lontani, insomma, i tempi di quando interpretava la parte del «moralizzatore vaticano»: era stato lui, infatti, negli ultimi anni del pontificato di Benedetto XVI a denunciare la corruzione all'interno delle sacre stanze con delle lettere, indirizzate a Ratzinger finite poi in tv e sui giornali.
«Il senso della scomunica è comunque quello di essere una pena medicinale che invita al ravvedimento, quindi si resta sempre in attesa di un ritorno della persona alla comunione», hanno fatto sapere i media vaticani. Ma non sembra che, al momento, ci sia da parte del monsignore intenzione di tornare all'ovile e chiedere scusa per quanto detto in questi anni.
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