Vince un concorso al Viminale. Ma non viene assunta perché è figlia di un boss

Il suo ruolo di funzionario statale è stato dichiarato "inconciliabile" con la posizione del papà ergastolano

Vince un concorso al Viminale. Ma non viene assunta perché è figlia di un boss

Vince un concorso al Viminale ma non viene assunta perché è figlia di un boss mafioso. Protagonista della vicenda è una donna di Grotte, Gisella Licata. Ha trentasei anni e non ha mai commesso reati, ha però dovuto fare causa allo Stato, davanti al Tar del Lazio, perché il ministero dell'Interno vuole impedirle di prendere servizio dopo che ha vinto un concorso da funzionario civile in Prefettura. Il suo ruolo di funzionario statale, le hanno scritto, sarebbe "inconciliabile" con la posizione del papà ergastolano. Lo riporta oggi il Giornale di Sicilia. Il padre è un boss, si chiama Vincenzo Licata, ha 63 anni, è di Grotte, e il 20 marzo 2008 si vide infliggere due delle sue condanne alla massima pena.

Gisella avrebbe dovuto prendere servizio il 4 febbraio firmando un contratto a tempo indeterminato.

Laureata in Giurisprudenza, è infatti arrivata al 414° posto in un concorso bandito dal Viminale: 250 le persone da assumere ma poi la graduatoria è stata fatta scorrere e sono stati assunti tutti gli idonei, tranne Gisella, che avrebbe dovuto lavorare alla Prefettura di Palermo ed occuparsi quindi di migranti.

Due giorni prima della firma del contratto, il 2 febbraio, ha appreso che non se ne sarebbe fatto nulla. Dalla Questura di Agrigento, il 18 gennaio, era partita - prosegue la ricostruzione del Giornale di Sicilia - un'informativa che aveva fatto cambiare idea al ministero del vicepremier Salvini. "La procedura di assunzione è al momento sospesa".

"Si verrebbe a configurare - si legge nella nota - una situazione inconciliabile rispetto all'immissione nei ruoli di questa amministrazione, nella quale vengono svolte funzioni di particolare delicatezza, anche in materia di pubblica sicurezza".

Nella stessa informativa, però, si sostiene anche che la donna risulta "di regolare condotta in genere e immune da precedenti e pendenze penali, non è dedita all'alcool né all'uso di sostanze stupefacenti”. L'avvocato Girolamo Rubino, incaricato dalla donna, ha fatto ricorso al Tar del Lazio, che martedì ha deciso di accogliere la richiesta della donna di sospendere la decisione del Viminale.

Non sarà però probabilmente il Tar a reintegrare la signora Licata. I giudici, infatti, potrebbero dichiararsi incompetenti a favore del giudice del Lavoro, di Palermo o di Agrigento, perché si tratta di un rapporto potenzialmente già instaurato.

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