Gianpaolo Iacobini
A 17 anni violentata nel bagno di una discoteca da un ragazzo albanese più grande di lei, mentre le compagne la filmano svestita e poi caricano il video su whatsapp.
L'inferno in terra esiste. Quasi sempre è dietro l'angolo. A Sant'Arcangelo di Romagna l'hanno trovato in una discoteca. Un girone infernale sul quale la Procura di Rimini già da settimane ha aperto un fascicolo, per il momento contro ignoti. Dalle indagini emerge tutto il peggio dei tempi moderni. L'ennesimo remake di Arancia Meccanica: alla violenza si mescolano leggi infrante, valori calpestati ed il cinismo della tecnologia che, una volta ancora, riduce in cenere persone e destini. L'inchiesta: coordinata dal sostituto procuratore Davide Ercolani, punta a chiarire la dinamica dell'accaduto. Quel che si sa: è un sabato di marzo. È già notte. In un dancing una comitiva di donzelle brinda all'amicizia. Un drink dietro l'altro, fino a diluire nell'alcol anche l'ultima stilla di lucidità. Sarebbe vietato somministrare alcolici ai minorenni. Almeno, la legge così vorrebbe. E per aver trasgredito a quest'obbligo nell'estate del 2015 i proprietari del locale erano finiti nel mirino delle forze dell'ordine, dopo aver organizzato un happy hour ad alta gradazione alcolica a bordo di uno yacht preso d'assalto da ragazzini. Acqua passata, senza lasciar tracce.
Al gruppo che nella serata marzolina affolla il bancone s'aggiunge un giovane. Di nazionalità albanese, ha 20 anni. Conosce di vista la diciassettenne. I due parlottano, si scambiano sorrisi. Lei è completamente brilla. Il suo accompagnatore ha gioco facile a farsi seguire in bagno. Una volta dentro, chiude a chiave la porta. Intanto, nel bagno accanto le amiche della ragazza si issano sul water e con un telefono cellulare riprendono la scena. Istante per istante, senza mai avvertire il bisogno, anche solo l'istinto, di intervenire. La registrazione fissa anzi le loro risate. «Non hanno compreso quel che stava succedendo», prova a giustificarle qualcuno. Possibile quanto improbabile. Sicuramente assurdo: il video restituisce la figura di una donna inerme. Non ci sono immagini di sesso esplicito, ma nitide si scorgono due persone seminude. Il maschio solleva, stringe, spinge. La femmina, simile a una bambola di pezza, mostra soltanto i fremiti del respiro. Lo zoom non cattura nulla di quel che segue, ma è abbastanza. Pure troppo.
Le sequenze il giorno dopo prendono a rimbalzare da uno smartphone all'altro, accendendo le spunte di whatsapp e la morbosità malata del mondo della rete. Arrivano infine pure sul telefonino della vittima. La aiutano a ricordare quello che la sbornia ha reso confuso, impalpabile. Si confida con la madre. In lacrime vanno in caserma. Denunciano, ma è metà aprile: tardi, per i test clinici. Che ad un mese di distanza dal fatto restituiscono la sensazione di una violenza consumata, non la certezza.
Intanto i militari dell'Arma bloccano il video, per impedirne la diffusione virale, ed avviano gli accertamenti. Risultati: ad oggi il ventenne albanese, identificato, non sarebbe neppure indagato. A suo favore giocherebbero il tempo trascorso (con l'impossibilità di acquisire riscontri granitici dagli esami medici) ed i pochi ricordi immagazzinati dalla fanciulla.
Impossibile finanche perseguire i baristi: la discoteca, per mancato rinnovo del contratto di locazione, ad aprile ha chiuso i battenti. Restano da sentire le testimoni della vicenda. Le amiche della vittima. Più che altro, carnefici.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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