Mentre fuori, nelle strade intorno al tribunale di Torino, duecento compagni degli imputati prendono a pugni e schiaffi un barista, lanciano fumogeni, spaccano e imbrattano, dalla Corte d'assise d'appello arriva un salvagente per l'uomo simbolo del processo: Alfredo Cospito, classe 1967, l'anarchico insurrezionalista-nichilista-terrorista (tutte sue definizioni) che ieri rischiava una condanna all'ergastolo.
Cospito, oggi detenuto al carcere duro, è da settimane al centro di dichiarazioni di solidarietà di avvocati e intellettuali, ed è in suo appoggio che a Atene gli anarchici locali hanno cercato di ammazzare la consigliere diplomatica Susanna Schlein. Ieri la condanna al carcere a vita appariva praticamente certa, dopo che la Cassazione aveva stabilito che l'attentato compiuto da Cospito nel 2006 alla caserma di Fossano, due bombe che dovevano colpire i giovani allievi della scuola dei carabinieri, andava considerata come atto di terrorismo e ordinato un nuovo processo per appesantire la pena.
Anche per questo i compagni di fede degli imputati (insieme a Cospito c'è la sua ex fidanzata, Anna Beniamino) avevano presidiato il tribunale fin dal mattino, ed erano partiti in corteo appena il procuratore generale Francesco Saluzzo nella sua requisitoria aveva chiesto la condanna di Cospito al carcere a vita. Di qui i fumogeni, gli scontri e il pestaggio del barista, colpevole di avere tentato di difendere la propria vetrina. E i carabinieri torinesi si preparavano a fronteggiare di ben peggio se fosse uscita la sentenza che condannava Cospito.
Ma i giudici togati e popolari della Corte d'assise d'appello escono dalla camera di consiglio, anziché con la sentenza, con un provvedimento che accoglie una eccezione dei difensori dell'anarchico e trasmette gli atti alla Corte Costituzionale. Il reato di strage attribuito a Cospito andrebbe considerato «di lieve entità», visto che (per cause indipendenti dagli attentatori) in realtà non morì nessuno: ma questa attenuante, in base a una legge voluta nel 2005 dal governo Berlusconi, non si può applicare a un recidivo instancabile quale Cospito indubbiamente è, avendo compiuto negli anni successivi una serie di imprese violente tra cui la gambizzazione dell'amministratore di Anslado Nucleare. L'eccezione sollevata dai difensori riguarda proprio la costituzionalità di quella norma introdotta nel 2005. Senza attenuanti, d'altronde, l'ergastolo per Cospito sarebbe inevitabile, nonostante le proteste di innocenza dello stesso imputato nel collegamento video dal carcere: «Ho fatto una sola azione violenta - aveva detto il detenuto, visibilmente smagrito - ho sparato a un dirigente dell'Ansaldo, se avessi fatto altri atti li avrei rivendicati perché gli anarchici rivendicano, è una questione di onore». Ma per l'attentato ai carabinieri di Fossano tre sentenze hanno ritenuto solide le prove a suo carico. E altrettanto certa la volontà di fare un massacro: nel secondo ordigno, che doveva esplodere tra i militari richiamati sul posto dalla prima esplosione, c'erano chiodi e bulloni, messi lì apposta per dilaniare.
Ora la parola passa alla Consulta e il processo a Cospito si ferma: non
ha speranze di uscire a breve, perché comunque deve scontare i trent'anni complessivi che la Procura di Torino ha messo in esecuzione. Ma la sua battaglia per ora è un'altra: ottenere la revoca del 41 bis, il carcere duro.
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