Anche in Italia sbarca, con un passeggero proveniente dalla Gran Bretagna, il Covid con la nuova variante, quella più infettiva. È stata isolata nel Dipartimento scientifico del Policlinico militare del Celio che in questa emergenza sta collaborando con l'Istituto superiore di Sanità. La notizia, un'esclusiva del Tg1, è stata confermata dal ministero della Salute. In una nota si legge che «i ricercatori hanno sequenziato il genoma del virus sars-2 proveniente da un soggetto risultato positivo con la variante riscontrata nelle ultime settimane nel Regno Unito».
Il paziente era rientrato dal Regno Unito venerdì con il suo convivente. È atterrato all'aeroporto di Fiumicino e attualmente è in isolamento assieme al compagno, ai suoi familiari e ai contatti stretti. Ma questo tracciamento potrà bastare per bloccare la diffusione della «variante inglese»? Si deve capire infatti quando e con quante persone era entrato in contatto il paziente nel momento in cui era già infettivo, almeno due giorni prima dalla manifestazione dei sintomi. Sarà stato contagioso già in aereo? O quando è andato a fare la spesa in un supermercato o mentre ha preso un mezzo pubblico? Sono domande a cui le autorità sanitarie dovranno dare risposta per evitare che il contagio del virus più contagioso possa allargarsi a macchia d'olio anche in Italia. Per il momento si sa solo che è partita la caccia ai passeggeri del suo volo Londra-Roma per metterli tutti sotto controllo medico. E, a questo punto, c'è da chiedersi se altre persone abbiano già incubato nelle scorse settimane questo virus cattivo che potrebbe manifestarsi nei prossimi giorni. Un periodo delicatissimo che coincide con un aumento della curva di contagio in Italia e con l'avvio della campagna vaccinale nel nostro paese. C'è da dire che il riscontro positivo italiano non ha sorpreso Andrea Crisanti, docente di microbiologia all'Università di Padova. Già prima della conferma aveva dichiarato: «Non mi stupirei se questa variante del virus fosse già qui in Italia. In ogni caso bisogna dare risorse ai laboratori per fare i sequenziamenti. Più si diffonde più causa malattie e morti». La variante inglese fa paura. Ma secondo Gianni Rezza, direttore generare della Prevenzione del ministero della Salute, non sarebbe più aggressiva. Crisanti spiega invece che ha «un vantaggio elettivo e si propaga più facilmente. In pratica, se normalmente una persona ne infetta in media due, con questa variante ne infetta in media quattro. E più si diffonde e più causa malattie e morti». E questo, significa moltiplicazione dei contagi e più difficoltà dei tracciamenti. Ma anche più malati e dunque casi gravi in terapia intensiva.
C'è poi il tema a cui nessuno ha una risposta certa: il vaccino che sarà usato nei prossimi mesi potrà proteggere al virus modificato? «Non si sa se la risposta immunitaria prodotta dai vaccini copre anche questa variante. Non lo sa nessuno aggiunge Crisanti Si scoprirà solo quando avremo molte persone vaccinate». Più cauto il microbiologo Fausto Baldanti, dell'ospedale San Matteo di Pavia: «La maggiore contagiosità della variante non è associata ad una maggiore severità della malattia, chi ha quella variante non ha infezioni più severe e non c'è nessuna indicazione che fa sospettare che il vaccino non sia efficace spiega l'esperto - La vaccinazione, infatti, determinerà una risposta su più frammenti della proteina S, ed è quindi possibile che anche una singola mutazione non abbia influenza sulla sua efficacia». Ma non c'è alcuna certezza.
«Lo scopriremo solo vivendo», aggiunge Baldanti. Anche Speranza, è cauto. «Dalle prime informazioni sembra che i vaccini possano funzionare anche su questa variante, ma queste informazioni devono essere rese più solide», dice.
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