La visione "dantesca" della destra

Mentre infuria la polemica sulla dichiarazione del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano su Dante, mi è tornato in mente un incontro, risalente agli anni '80 con Natalino Sapegno, uno dei maggiori studiosi del Poeta

La visione "dantesca" della destra

Mentre infuria la polemica sulla dichiarazione del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano su Dante visto come esponente o prototipo di una linea culturale riconducibile alla destra, mi è tornato in mente un incontro, risalente agli anni '80 con Natalino Sapegno, uno dei maggiori studiosi del Poeta. Gli avevo chiesto un pensiero sull'attualità di Dante. E lui scrisse per me due paginette autografe dove affermava che non aveva molto senso parlare dell'attualità di un poeta, e in particolare di Dante: ogni grande poesia, anche la più vicina nel tempo, in quanto include una filosofia e una poetica, appartiene sempre al passato. Ma in quanto è poesia, e cioè cognizione e rappresentazione di sentimenti, trascrizione di una Weltanschauung in termini individuali, è sempre attuale. Sapegno si occupava di poesia, non di politica, ma riconosceva l'esistenza di una nesso fra il lavoro poetico e la Weltanshauung dell'autore. In altre parole, sosteneva che dietro l'espressione poetica si celava una «concezione della vita».

Quando il ministro Sangiuliano parla del rapporto fra Dante e la «destra» intende dire che la Weltanschauung dantesca esprime quella «visione della vita» e quei valori che costituiscono patrimonio essenziale, e non negoziabile, degli individui che, oggi, si ritengono di destra e appartenenti a una tradizione culturale che si riconosce nelle radici cristiane della civiltà europea. La parola «destra», in effetti, può generare qualche perplessità perché, storicamente, individua una «categoria» che fa la sua comparsa all'epoca della Rivoluzione francese. Ma è anche vero, che, ormai, la «destra» si autoidentifica in valori, idee, istituzioni ben precise, in molti casi mutuate dalla tradizione pre-rivoluzionaria. Il che, per inciso, rende risibili le accuse mosse a Sangiuliano di aver voluto distorcere il pensiero di Dante utilizzando categorie estranee all'epoca del poeta perché, in realtà, il ministro ha voluto far notare come sia, invece, la Weltanschauung dantesca a ritrovarsi nelle idee e nei convincimenti degli uomini di destra.

Detto questo, mi sembra non abbiano né capo né coda certe manifestazioni di indignazione per la lesa maestà dantesca che, per puro gusto di polemica, suggeriscono che il poeta non ebbe un pensiero politico definito, che fu al più un «eretico» o che espresse una idea di «impero» confusa e letteraria. In realtà Dante non soltanto si batté concretamente per il ripristino dell'autorità imperiale in Italia, ma fu anche un teorico della politica in senso proprio.

Per polemizzare ad ogni costo con il governo Meloni si finisce per demolire, non potendo ammettere che il poeta era un fior di reazionario, la stessa figura di quel Dante che si finge di voler difendere dalla appropriazione della destra.

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