Un personaggio arrivato nel batter d'occhio della commedia, l'inesauribile fabbrica del buonumore tutto italiano.
Ecco il protagonista.
Un immobiliarista - ed ecco la trama - che attraverso reti televisive pensate per il circuito condominiale incrementa il patrimonio, tesse rapporti con la politica, vede crollare nell'improvviso di una campagna giudiziaria denominata Tangentopoli i propri referenti, fiuta l'arrivo dei peggio mozza-orecchi, capisce che dai moderati impegnati nei vari partiti non può cavarne una rapa che sia una e allora fa da sé: diventa referente di sé stesso.
È il Conflitto d'Interessi - le tivù fanno di lui Sua Emittenza - ovvero quegli 86 processi che per un totale di 3672 udienze vanno a costringerlo a un processo della durata di dieci anni «senza soste neppure a Natale».
Il bandolo dell'impasto umano di un Berlusconi invecchiato all'ombra dei suoi miliardi può cogliersi nella caterva di romanzi di Honoré de Balzac.
La sontuosa commedia italiana coincide con l'eterno istinto patrio dell'interesse privato «sempre superiore all'interesse generale». Ed è come una pellicola tutta di facce - un vero film di signore & signori - dove a bordo della barca Principessa vai via c'è, nella festa di tutti, la coppia di amici carissimi destinati entrambi a divenire nemici giurati, un avvocato azzimato di nome Vittorio Dotti e la di lui compagna, Stefania Ariosto, entrambi tanto intimi alla comitiva quanto lei, poi - nell'inciampo di un'ambizione insoddisfatta -, irriducibile nello spifferare ogni indicibile.
Come reietto risulterà un suo delicato scudiero, un funzionario del Partito comunista folgorato dalla viva luce di Silvio, fatto ministro - il suo nome è Sandro Bondi - ma poi dismesso e volatilizzatosi nell'oblio. Per non dire di tutti gli aspiranti delfini - reclutati nelle alleanze, mai tra i dipendenti - giammai assurti al rango di eredi o successori che dir si voglia, per arrivare infine a un tal Gianpiero Samorì, cavato dal copricapo fatato del Cappellaio Matto e immediatamente dimenticato.
Il Berlusconi che parla di soldi non è lo stesso di quello che si occupa di politica.
Passano gli anni, al vertice del governo non c'è più Silvio, non c'è verso che possa tornare visto che il suo stesso partito è adesso una sorta di satellite dell'altro partito, un tempo avversario - corre l'anno 2019 - e Flavio Briatore, non certo uno che passa per caso, pubblica su Instagram una foto importante: «Lunch con #silvioberlusconi molto in forma e #martinbouygues #villacertosa #sardegna».
La scena apre molti scenari.
Martin Bouygues è un imprenditore di successo nella scena internazionale, un protagonista delle telecomunicazioni; i sempre informati ipotizzano un suo interesse - magari un'alleanza - col primo canale tivù francese ma poiché il clic rivela ben oltre, è il Berlusconi in smagliante forma a segnalare più che un'avvisaglia di quel capiterà nell'immediato futuro.
Si legge un sorriso vero in questa foto, non c'è neppure l'ombra di un Brenev preda di penniche strategiche pur di sfuggire alla malinconia della politica politicante.
L'avvisaglia di una nuova discesa in campo di Berlusconi non conferma certo il bisogno di stare con i lagnosi del suo partito ma conclama la sua vera necessità, quella di fare sempre più soldi (che poi è il suo straordinario talento per rendersi utile all'Italia) e quel che capiterà è nel sottotesto: «Io penso ai soldi, al resto ci pensano gli eventuali delfini».
Ma nel bel mezzo delle sue bolle blu, se poi decide di tornare alla scena pubblica - nella sapiente malizia nazionalpopolare - Berlusconi è sempre pronto a far scivolare una nota intima.
Si sa come fa: sfodera il suo nuovo abbagliante sorriso, parla dei figli - «Ne ho cinque, uno più bravo dell'altro» - e poi concentra il suo più delicato pensiero su Marina, la primogenita, attuale presidente della casa editrice Mondadori, diventata per lui una madre: «La chiamo ogni giorno, come facevo con mia mamma; è una persona specialissima a cui chiedo conforto e consiglio».
L'essere celebre ed essere amato, giammai temuto per come raccomanda Machiavelli nel Principe, sono in lui il proposito di una ritrovata illusione al punto che su di lui si può e si deve fare un resoconto circostanziato, corredato perfino da atti giudiziari nel contesto di un'infinità di balle, per trarne - malgrado le tante balle, molte delle quali generate da lui stesso - un racconto dal vero.
Come il numero delle sue zie suore che - pace all'anima loro - è sempre variabile e mai verificabile.
*
Cattivo d'intelligenza e buono di cuore, Silvio - in ogni istante - nel vivere gli opposti, serba di sé questa spericolata disarmonia.
E tale resta quando c'è da prendere una decisione, quando alla sua acuta e crudele perspicacia egli accompagna un'amorevolezza senza fine. Fosse pure nel bel mezzo di una discussione accesa tra i suoi - ad Arcore - quando si arriva a una risoluzione. Ancora più quando la vicenda è politica.
Lui, infatti, ascolta un po' gli uni e un po' gli altri e però si accorge di qualcosa fuori in giardino perché a lui, sempre presente a sé stesso - con ancora il Cielo da conquistare, beato lui - nulla sfugge.
Ed ecco un mattino di misericordia quando la dirigenza del suo partito è chiamata a decidere su una vicenda delicatissima. Quella di Berlusconi che prepara il proprio Consiglio dei Ministri e - tra le proposte - al dicastero della Giustizia mette direttamente il proprio avvocato di fiducia e il Presidente della Repubblica dice no, definitivamente no.
Il Cavaliere rischia di non vedere nascere più il proprio governo e a villa San Martino, nella stanza dalle belle vetrate, schiera i falchi, ovvero quelli che vorrebbero procedere per le spicce e comandare, e le colombe, quelli che - al contrario - praticano la diplomazia e l'arte del compromesso.
I toni si alzano, si arriva alla lite.
Le colombe si avventano sui falchi, i rapaci stanno per battere in ritirata quando Berlusconi interviene e mette tutti a tacere: «Vi prego, vi prego»
Ottenuta la tregua nella discussione si gira verso la finestra per meglio imporre il silenzio. È in quel momento che si accorge di una donna. La vede incamminarsi lungo il parco, verso l'uscita, asciugandosi le lacrime.
Come in un fermo immagine lascia tutti i suoi uomini nel silenzio, quindi afferra la cornetta del telefono e chiama la segretaria che prontamente si affaccia all'uscio.
«C'era una donna all'ingresso?» domanda.
«Effettivamente sì» risponde la segretaria, «una signora che è venuta a chiedere denaro; ha due figli, dice; uno dei quali con una malformazione, dice»
Berlusconi la interrompe: «Vada a informarsi, per favore»
La riunione politica prende una piega inaspettata, tutti i ragionamenti concitati di poco prima sembrano finire inghiottiti dal caminetto, ma per spegnersi. Chi giocherella con il mazzo di chiavi che tiene in tasca; chi, invece, si versa un Sanbittèr o consulta i propri appunti mentre chi lo conosce bene il suo Silvio - uno dei suoi tre amici, presente alla riunione - sa che succede.
Ricompare la segretaria che di nome fa Marinella: «Effettivamente sì, Dottore» dice, «la donna ha due figli - gemelli - entrambi bisognosi di un intervento chirurgico. Un'operazione impossibile in Italia».
«Chi li ha in cura?» chiede Berlusconi.
«Mi sono già informata» risponde la segretaria facendo il nome di un professore noto a tutti i signori presenti alla riunione.
A quel punto Berlusconi esce dalla stanza seguito da Marinella cui chiede, sottovoce, il costo dell'intervento chirurgico.
«Attorno ai 400 milioni di lire» sussurra lei, e parlano così piano che solo l'occhio esperto di un ex ufficiale dei Carabinieri coglie ogni sillaba e per antico mestiere - mosso dalla curiosità - decifra il labiale.
La scena è propria della commedia umana.
400.000.000 di lire, dunque.
Senza battere ciglio, il Cavaliere ascolta la cifra e ordina: «Marinella, glieli dia».
La segretaria si avvia ma Berlusconi la chiama ancora, e questa volta a voce alta: «Marinella, scusami».
«Sì Dottore, eccomi».
Un altro dei tre suoi veri amici, quello di educazione siciliana, sopraggiunge quando «il Dottore», a mo' di monito, sta dicendo: «Si ricordi che da questa casa non deve uscire nessuno piangendo».
«Ma certo, Dottore lo sappiamo bene, Dottore» risponde la segretaria.
E l'amico, colto in quel frammezzo, ci mette del suo: «E chi può piangere mai col Dottore, chi?»
Questo frammento, a ripensarci - nel raccontarlo -, impone un carosello mentale di paragoni tipo «cosa avrebbe fatto questo e cosa quell'altro».
Chi mai avrebbe notato, in un suo prossimo, un disagio così? Tutti quegli altri, scorgendo una persona nell'atto di asciugarsi una lacrima, avranno pensato a una congiuntivite molesta, giammai all'eventualità di mettere mano al portafogli.
Berlusconi che è ricco, proprio straricco, e ben più dei veri ricchi dagli antichi patrimoni non ha - beato lui - la tirchieria tipica di questi ultimi ed esercita la prodigalità al solo scopo di celebrare lo sconfinato amore di sé.
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Mauri Spagnol
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