Wong, rischio pena esemplare. "È una persecuzione politica"

Possibili sei anni in cella in vista della festa nazionale cinese. Appello al mondo: "Non scordatevi Hong Kong"

Wong, rischio pena esemplare. "È una persecuzione politica"

Una persecuzione politica, con alta probabilità di essere condannato a una pena detentiva. Così ieri Joshua Wong, il più famoso attivista politico pro-democrazia di Hong Kong, ha definito il suo arresto avvenuto giovedì scorso alla vigilia dell'udienza in cui dovrà rispondere dell'accusa di aver commesso due reati che implicano rispettivamente il rischio di condanna a cinque anni e a un anno di carcere. Entrambi sarebbero connessi con le manifestazioni del 5 ottobre dell'anno scorso: si tratta di assemblea non autorizzata e di uso di maschera per rendersi irriconoscibile.

È importante notare che la data dell'udienza odierna precede di un solo giorno quella del 1° ottobre, festa nazionale della Repubblica popolare cinese. L'intento sembra dunque proprio quello, duplice, di impedire al principale oppositore a Hong Kong del regime comunista di Pechino di creare problemi in una data considerata fortemente simbolica da Xi Jinping, e di intimidire gli altri attivisti che volessero fare altrettanto. Lo scorso anno le manifestazioni di protesta a Hong Kong avevano oscurato sui media internazionali le celebrazioni del settantesimo anniversario della fondazione della Cina popolare, e il presidente cinese aveva deciso di agire contro i suoi oppositori nella ex colonia britannica in modo da evitare per il futuro il ripetersi di situazioni simili.

Wong ha per così dire messo le mani avanti. In una serie di messaggi su Twitter, il giovane attivista (compirà 24 anni il prossimo 13 ottobre) ha, come detto, sottolineato il carattere politico e intimidatorio del suo recente arresto è stato poi rilasciato su cauzione in attesa del processo e ha aggiunto di sperare ardentemente, nel caso in cui la cauzione gli fosse negata e fosse quindi privato della libertà personale, che «il mondo continui a prestare attenzione alla sorte dei dodici attivisti e più in generale agli sviluppi della situazione a Hong Kong».

I dodici attivisti di cui parla Wong sono persone attualmente detenute a Shenzhen in Cina, arrestate in agosto dalla polizia cinese mentre cercavano di raggiungere Taiwan a bordo di un motoscafo: fuggivano perché erano tutti sotto accusa per reati connessi alla loro partecipazione a manifestazioni pro-democrazia a Hong Kong l'anno scorso. Uno di loro, in particolare, è stato arrestato in base alla nuova legge sulla sicurezza imposta da Pechino lo scorso giugno, che limita pesantemente i diritti civili nel territorio teoricamente sottoposto al sistema «un Paese, due sistemi» che Pechino si è impegnata a rispettare fino al 2047.

La reazione degli Stati Uniti alla possibile condanna di Joshua Wong è un aspetto molto delicato della vicenda. Secondo alcuni analisti, Xi preferirebbe fare imprigionare il giovane attivista dopo le presidenziali Usa del prossimo 3 novembre, evitando così di spingere anche il candidato democratico Joe Biden a prendere pubblicamente posizione contro la Cina. Ma c'è chi ritiene invece che Pechino preferisca inviare a Washington un messaggio esplicito: a Hong Kong comandiamo noi e non ci lasciamo condizionare dagli americani nemmeno in questa fase di estrema tensione nelle relazioni bilaterali.

Lo dimostrerebbe, tra l'altro, l'ordine imposto la scorsa settimana ai funzionari pubblici di Hong Kong di non incontrare e neppure parlare per telefono con personale del consolato Usa in città senza autorizzazione. Un ordine, è stato precisato, che arriva direttamente da Pechino passando sopra la testa di legno della governatrice Larrie Cam.

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