Il generale in congedo, Giorgio Battisti è a Taipei, dove partecipa ad un seminario organizzato dall'Università della Difesa taiwanese. Veterano delle missioni all'estero conosce bene e sul campo l'«isola ribelle».
A Taiwan la guerra è all'orizzonte?
«Le Forze armate taiwanesi si preparano allo scenario peggiore. Per i militari non si tratta se i cinesi attaccheranno, ma quando».
Il fallimento del colosso cinese del mattone Ever Grande può scatenare un attacco di Pechino per distogliere l'attenzione dalla crisi economica?
«Alcuni analisti anglosassoni, che partecipano al seminario, valutano che sia imminente. Xi Jinping potrebbe ordinare l'occupazione di una piccola isola periferica sotto la sovranità di Taiwan per distogliere l'attenzione dalla crisi economica. L'isola dovrebbe essere quella di Pratas, 450 chiometri a sud da Kaohsiung (località più meridionale di Taiwan). Il pretesto potrebbe essere la recente visita del vicepresidente di Taiwan, Lai, in Paraguay, con transito negli Stati Uniti. E l'incontro di venerdì del presidente Joe Biden con il primo ministro giapponese Kishida Fumio e il presidente sudcoreano Yoon Suk Yeol a Camp David. A cui si aggiunge la preannunciata visita in Vietnam del presidente Usa a metà settembre».
Perché l'obiettivo sarebbe quest'isola sperduta?
«L'isola corallina non ha abitanti civili ed è presidiata da una guarnigione taiwanese. L'attacco quindi non provocherebbe vittime civili. Inoltre è strategica per il passaggio marittimo e i fondali profondi adatti al passaggio di sottomarini nucleari. Non solo: La flotta statunitense non è vicina a Taiwan. La Carrier Strike Group e America Amphibious Ready Group, con le flotte giapponesi, sudcoreane e australiane sono state impegnate nell'esercitazione Talisman Sabre vicino all'Australia fino al 4 agosto scorso. Le navi Usa non potrebbero essere in grado di tornare nelle acque di Taiwan in tempo come forma di deterrenza».
È vero che le violazioni dello spazio aereo di Taiwan anche con bombardieri a potenziale nucleare sono massicce?
«Sì vengono registrate spesso. Ieri il comando dell'Esercito popolare di liberazione cinese ha lanciato pattugliamenti aerei e marittimi congiunti ed esercitazioni militari della marina e dell'aeronautica. E sono state segnalate incursioni di 42 aerei cinesi nello spazio aereo di Taiwan. Il portavoce del comando, Shi Yi, ha spiegato che si tratta di un monito alla collusione dei separatisti indipendentisti di Taiwan con elementi stranieri e le loro provocazioni».
Un ammiraglio americano ha previsto la guerra fra Taiwan e Cina nel 2025. Perché?
«È più verosimile che un eventuale confronto militare avvenga nel 2035 quando si concluderà il processo di modernizzazione delle forze armate cinesi avviato nel 2020. Allo stato attuale non dispongono delle capacità, soprattutto navali, per condurre un'operazione anfibia su larga scala volta ad occupare l'isola di Formosa. Una recente variabile potrebbe anticipare i tempi; gli Stati Uniti hanno iniziato ad addestrare i militari di Taipei per elevarne le capacità difensive. A questo bisogna aggiungere la recente decisione di Washington di autorizzare la consegna di armamenti moderni per un valore di 19 miliardi di dollari, molto di più dell'intero budget annuale della Difesa di Taipei».
Quali sono gli scenari possibili in caso di conflitto?
«È da ritenere che un eventuale conflitto non si limiti ad interessare solamente Cina e Taiwan ma si estenda in tutto l'Indo-Pacifico coinvolgendo la Corea del Nord (alleata di Pechino), gli Usa, il Giappone, la Corea del Sud, e forse altri Paesi della regione.
Taipei nell'incertezza conta di resistere con le proprie forze nella prima fase del conflitto e dimostrare, come l'Ucraina, di essere in grado di far fronte all'invasore per poter ricevere in un secondo tempo supporto dal mondo libero».
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