A Pontida Tremonti rischia il posto

Alla festa del Carroccio più che il futuro del governo si potrebbe decidere la sorte del ministro dell’Economia: la Lega vuole il via libera per le riforme. E l’amico Giulio a causa dell’eccessivo rigore potrebbe restare isolato

A Pontida Tremonti rischia il posto

È il paradosso di Pontida. Una setti­mana a consultare gli aruspici per sapere cosa dirà Bossi su Berlusco­ni e poi spunta fuori che a rischiare la poltrona è il buon Tremonti. Non si sa mai dove certe tattiche politi­che ti portano a sbattere. L’impon­derabile è uno spirito burlone. La storia è questa. Il Carroccio vuol far capire al suo popolo che il salvagen­te per il Cavaliere non è gratis. Ci ri­mugina. Alza la voce. Alza il prezzo. Fa sapere che vorrebbe questo e quello. Qualche ministero al Nord, la fuga dalla Libia, le bacchettate per i Comuni spreconi e soprattutto meno tasse. È qui che entra in ballo il fat­tore T. Quando Calderoli di­ce che se non si fa la riforma fiscale lui sciopera, tutti pen­sano che l’idea sia perlome­no stramba. Un ministro che sciopera contro il governo? Roba strana. Magari lo fa per mettere alle strette il pre­mier. Solo che il Cavaliere, se potesse, sciopererebbe an­che lui per abbassare le tasse. Anzi, farebbe molto più chias­so di Cisl e Uil. Solo che non si può. Tremonti non molla la borsa. Moody’s minaccia di declassarci. Il debito infuria, il pan ci manca e Giulietto è in crisi creativa. Non riesce a farsi balenare un’idea su co­me e dove tagliare. Nessuna lampadina. Niente. Neppure una fantasmagorica alchi­mia contabile. Tanto che qualcuno nel Pdl si è messo a pensar male: non è che lo fa apposta? È stanco, è svoglia­to o il miracolo è semplice­mente impossibile? Non si sa e non importa. Le massime andreottiane qui non ci piac­ciono. A pensar male si fa pec­cato e basta.

I fatti però non si possono archiviare. La mossa di Calde­roli annuncia un ultimatum leghista: meno tasse o tutti a casa. Berlusconi dice: bene, facciamola. Basta convince­re Tremonti. Non uno qualsi­asi. Tremonti l’amico di Bos­si, Tremonti padano nel cuo­re, Tremonti leader segreto del Carroccio, Tremonti risor­sa per il futuro, Tremonti che è sempre un buon compro­messo.
Tremonti il guardia­no del debito pubblico. Ecco­lo, il fattore T è la risposta. Co­me risponderà Tremonti al­l’ultimatum di Pontida? Se risponde no, a rigore di logica, dovrebbe impacchettare con­ti e numeri e lasciare il posto a qualcun altro. Il Cavaliere gli stringerebbe la mano emo­zionato e lo lascerebbe anda­re via con un certo rammari­co: non è colpa mia Giulio, il tuo amico Umberto ha di fat­to chiesto la tua testa.

L’imponderabile, appun­to. Pontida doveva far cadere il Cavaliere e invece frana su Tremonti. Vatti a fidare degli amici. Solo che in questa sto­ria ci sono parecchie cose che non tornano. Non ha logica. Perché Bossi dovrebbe far cadere Tremonti? Non è cer­to così che tranquillizza il po­polo leghista. Questi signori con il fazzoletto verde sono convinti che la parabola del Cavaliere sia alla fine. Sogna­no lo strappo. Vogliono l’eu­tanasia.

Non si accontentano di vedere rotolare il cervello di Tremonti sull’erba di Pon­tida. Anzi, troverebbero l’evento piuttosto scioccante. Bossi ai suoi può offrire so­l­o la saggezza di chi non tradi­sce o l’azzardo di chi dice ba­sta. Il colpo di scena sarebbe al limite offrire la sua testa: faccio un passo indietro, ra­gazzi, così anche il Silvio capi­sce che è il momento di farsi da parte. La caduta di Tre­monti si può spiegare solo con l’imponderabile. L’inat­teso che accade quando si gioca troppo di tattica.

Il superministro sono gior­ni che non parla. Lascia cade­re qualche epitaffio, una bat­tuta, un motto di spirito. Fa la sfinge e a Pontida sta come un convitato di pietra. Nep­pure si nomina, ma si respira. Qualcuno, un altro di quelli con i cattivi pensieri, immagi­na che sia iniziata la sfida per l’eredità, per il dopo, e allora immagina che Maroni e Cal­deroli, come il gatto e la vol­pe, siano così furbi da favorire questo maledetto e insi­stente imponderabile. Sareb­bero loro i suggeritori della mossa del fisco. Puntare a Sil­vio e d’effetto colpire Giulio. Troppo raffinato. Altri, inve­ce, con cattivi pensieri diver­si, sospettano che tutto que­sto sia solo un gioco delle par­ti.

La Lega spara l’ultimatum e Tremonti abbassa la testa e concede finalmente la rifor­ma fiscale.

Solo per far dire agli amici leghisti: ah, se non ci fossimo noi! Ma per la solu­zione del fattore T bisogna aspettare ancora un po’. Lo spettacolo sta per comincia­re. Good Morning, Pontida.

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