Ponza, guerra del pontile: è ostaggio dei pm

Una controversia sulle ordinanze marittime paralizza il turismo Sotto sequestro tradizionali attracchi in legno e noleggi di barche. La principale attività economica è stroncata dall'azione giudiziaria e Ponza è a rischio per la costruzione di un porto in cemento

Ponza, guerra del pontile: è ostaggio dei pm

Arrivo a Ponza alle 7 di sera. Il viaggio da San Felice Circeo è stato veloce e la luce tersa mi consente di vedere l’ordine armonioso delle case, senza elementi di disturbo, come raramente accade anche in luoghi bellissimi in qualche parte violati. Arrivati in rada, sento parlottare gli amici che mi accompagnano per risolvere un non ben chiarito problema di attracco. Mi viene spiegato che i discreti pontili galleggianti sono sotto sequestro, e che a nessuna barca è consentito di attraccare. Lo trovo assurdo e mi accingo ad aspettare i circa tre quarti d’ora che si riveleranno necessari per sbarcare. Cerco di capire la ratio di un provvedimento così dirompente, e in un periodo di grande movimento turistico. E mi chiedo perché l’attività economica primaria, con un danno evidente per gli utenti prima degli effetti correttivi della sanzione per gli eventuali colpevoli, debba essere ostacolata, quando non stroncata, da un’azione giudiziaria. Ma è, appunto, una prima impressione. Il giorno dopo, sul gozzo dell’amico Armando Curcio, da anni abitante sull’isola, mi ritrovo nelle stesse condizioni: una lunga attesa per un attracco interdetto. I lunghi e decorosi pontili ci sono, inutilizzati; ma, nel frattempo, si sono moltiplicati gli avvisi di sequestro che impediscono anche l’approvvigionamento di acqua e di luce elettrica. Uno strano sortilegio sembra accerchiare l’isola. E gli abitanti, impotenti, assistono al commissariamento della loro vita quotidiana; si ritrovano nastri bianchi e rossi ovunque; e devono accordarsi perché vedette o gommoni della Guardia costiera li traghettino a riva. Immagino chi, ignaro, arrivi in quest’isola di struggente bellezza, e voglia frequentarla anche dal mare. Al terzo giorno chi è arrivato in traghetto o in aliscafo deve rinunciare anche al suo legittimo diritto di diporto. Dopo i pontili, infatti, sono state messe sotto sequestro anche le barche a noleggio. Per quante colpe possano avere i concessionari, quali sono le colpe dei turisti, e per quale ragione uno deve vedere mortificato il proprio soggiorno? Un’irregolarità può essere sanzionata con una multa, ma un sequestro impone una inattività. E interdice la fervida attività estiva dell’isola.

Ci si chiede: può un magistrato interferire così pesantemente sulla vita quotidiana dei cittadini? Non è quest’ingerenza più grave dei reati perseguiti? Io stesso non sono arrivato a Ponza per aspettare qualcuno che mi soccorra; e ho il diritto di essere autonomo. Apprendo che l’interdizione dei pontili è l’annuncio di un’alternativa certamente criminale, e ben più grave di quelle passerelle provvisorie e artigianali che corrispondono perfettamente all’identità del luogo: la costruzione di un nuovo porto in località Santa Maria con banchine di cemento armato, certamente regolari e autorizzate, ma di gran lunga più ingombranti dei pontili di legno in uno spazio geometrico e artificialmente ridefinito. I disagi del turista di oggi dovrebbero trasformarsi nelle comodità di un turista automatico che vuole vivere Ponza come Saint Tropez o Porto Cervo. Ponza è invece uno strano paradiso anomalo, con un suo equilibrio che va dalla torre dei Borboni e dall’orto botanico a Chiaia di Luna. L’orto botanico è chiuso; il mitreo, dai grandi spazi, è occupato da articoli nautici; il tunnel romano per accedere a Chiaia di Luna è chiuso per lavori più in stasi che in corso: la bella insenatura è visibile a distanza dal teatrino dell’albergo che ne prende il nome. Fervida e mite l’attività dell’albergo Santa Domitilla con le sorprendenti grotte di acqua termale. Qui, quest’anno si è svolta un’intensa attività di incontri con giornalisti e scrittori. Tutti hanno dovuto assistere a questa sproporzionata azione giudiziaria, con stupore e sconcerto. Perfino un moderato come Bruno Vespa, che ha casa a Ponza, in località le Forna, ha osservato: «È giusto applicare la legge, ma, allo stesso modo, andrebbe adoperato anche un po’ di buon senso, per non uccidere l’isola, non paralizzarla e non mettere in condizione migliaia di persone che hanno prenotato la loro vacanza, di non potere fare il bagno». È in questo modo che si favorisce il turismo? Non ci sarà un magistrato disponibile a indagare sull’evidente abuso dei magistrati a Ponza?

P.S.: Per pura casualità ho letto sul Corriere della Sera una nota polemica contro di me di Pierluigi Battista. Le sue malignità mi pare siano ispirate da pettegolezzi insensati o invidia. Dunque, io sono stato invitato a Ponza per partecipare a una serie di incontri con l’autore su richiesta del giornalista e organizzatore Gianluigi Nuzzi che ha concepito il breve ciclo «Le emozioni» con una serata dedicata al mio libro «Clausura a Milano, presentato dallo stesso Nuzzi e da Piero Vigorelli. Il successo previsto c’è stato, io mi sono dimostrato disponibile e non ho preteso alcun compenso, e ho agito nell’interesse prevalente dei promotori, avendo qualche problema a incastrare la data fra altri impegni. Non capisco perché avrei dovuto privarmi di eventuali comodità. E invece leggo, in uno spericolato accostamento con lo sport di Pierluigi Battista: «D’accordo, è finito il tabù dello sport “come pericolosa cultura di un vitalismo corporeo anti ideologico” per cui “lo sport era fascismo”. Però bisognerebbe dirlo a Vittorio Sgarbi. Perché a Sgarbi? Perché per andare a un dibattito di “Ponza d’autore”, ha preteso poco sportivamente dagli organizzatori un lussuoso e costoso motoscafo tutto per sé per raggiungere l’isola pontina dal Circeo, anziché, come tutti gli altri, imbarcarsi su un normale aliscafo da Anzio. Per sport».

E allora? Perché avrei dovuto prendere l’aliscafo? Perché lo ha preso Gian Antonio Stella che forse ha riferito l’episodio a Battista? Perché, andando non per il mio interesse avrei dovuto adattarmi ad orari diversi da quelli stabiliti da me. Chi va in taxi, per Battista, a Roma in automobile o a Venezia in motoscafo ha più «pretese» di chi va in autobus? E perché chi fa un favore, su richiesta di quanti in Italia organizzano festival deve adattarsi «come tutti gli altri»? E allora perché, caro Battista, non invitano tutti gli altri? Con me hanno fatto serata. Ed erano soddisfatti. Ma Battista non sa tutta la storia, che ha un risvolto comico. Passata la festa il ritorno non era garantito. E, non volendo io prendere l’aliscafo «come tutti gli altri», per coerenza e per incoscienza, dissolto, nell’isola dei divieti, il «lussuoso e costoso motoscafo» mi sono fatto riportare al Circeo su un canotto affrontando con molte scomodità il mare grosso. E sono arrivato, per soddisfazione di Battista, con molte botte e completamente bagnato.

Ma non ho pensato a una punizione divina e non mi sono lamentato. Ma l’aliscafo non l’ho preso. E non capisco cosa gliene freghi a Battista. Quando lo vedrò su un motoscafo a Venezia, dirò: «Ma perché non va in traghetto?».

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