Povero ego tartassato dal pensiero postmoderno: ora qualcuno lo difende

Un saggio di Renato Cristin in difesa del concetto di «Io», quello che sta alla base della filosofia

Matteo Sacchi
Nell'ultimo trentennio, forse anche da prima, la filosofia occidentale ha dichiarato guerra al concetto di «Io». Era l'idea forte su cui si innestavano le idee di ragione e identità. Era l'idea-assioma su cui si innestavano concetti derivati che costruivano la geometria euclidea del nostro pensiero. Solo per citarne qualcuno: soggetto, individuo, ego, persona. Ma i sostenitori del pensiero debole e del multiculturalismo con quest'«Io», parolina da subito in odor di individualismo, hanno preferito divorziare. Tanto per fare un esempio Foucault ha sostituito l'idea di soggetto con quella delle «Funzioni enunciative», arrivando a parlare di finzioni dell'ego.
La conseguenza è stato un feroce sradicamento della prima persona (quella prima persona che è anche sinonimo di responsabilità personale) dalla coscienza collettiva, dalla sensibilità culturale e persino dall'ambito della politica.
Sarà anche una scelta dettata dal senso di colpa verso i passati imperialismi del Vecchio continente, che si espletavano in dittature materiali e dittature delle idee, eppure è anche un danno enorme alla possibilità di sviluppare la filosofia e l'idea stessa di libertà.
Ecco allora perché vale la pena di leggere il saggio di Renato Cristin: Apologia dell'ego. Per una fenomenologia dell'identità (Studium, pagg.266, euro 28). Questa arringa di difesa del concetto di «Io», appassionata ma metodica e dotta, vuole riportare il dibattito sulla questione al centro della nostra attenzione.

Soprattutto mettere in luce i limiti della sofistica decostruzionista e postmodernista. Gli spunti di riflessione ci sono, ma per capirli per bene serve un bel bagaglio filosofico. Astenersi dalla lettura se non si mastica Husserl.

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