Prandelli contro tutti: "Un Paese vecchio"  La nazionale azzurra atterra a Fiumicino 

Lo sfogo del ct nella conferenza stampa finale: "Siamo un paese vecchio, abbiamo idee e modalità vecchie. Dovremmo avere il coraggio di cambiare. Noi siamo venuti agli Europei con questo coraggio". Poi si lamenta: "Troppo pochi tre allenamenti in 8 mesi. Se non si cambia farò riflessione"

Prandelli contro tutti: "Un Paese vecchio"  La nazionale azzurra atterra a Fiumicino 

"Possiamo essere orgogliosi di quest’Italia generosa che ha fatto sognare. Per vincere, servono idee nuove. E tutto il movimento deve credere in questo progetto". Parola di Cesare Prandelli. Chiusa la spedizione azzurra con un bilancio positivo (a parte, ovviamente, il risultato finale) il ct azzurro per andare avanti con maggior slancio chiede la collaborazione di tutto il pallone tricolore. "Siamo partiti senza grandi aspettative e abbiamo regalato un sogno", dice Prandelli nella conferenza stampa finale a Cracovia. "Ma quando dico che, prima di un evento, non frega nulla a nessuno della Nazionale, dico la verità". Poi va avanti nella sua analisi: "Siamo un paese vecchio, abbiamo idee e modalità vecchie. Dovremmo avere il coraggio di cambiare. Noi siamo venuti agli Europei con questo coraggio. Il risultato non deve essere condizionante, in questo senso: bisogna avere la forza di credere in un’idea - dice con orgoglio il commissario tecnico -. Sicuramente troveremo difficoltà, dovremo abbinare l’aspetto del gioco alla necessità di risultato. In questi due anni abbiamo cercato di costruire una Nazionale con la mentalità di un club".

Troppo poco 3 allenamenti in 8 mesi

Prandelli si toglie diversi sassolini dalle scarpe. Ma prima di tutto ribadisce di avere un buon rapporto con la Figc: "Quando abbiamo discusso, ho avuto la certezza che la federazione vuole seguire questa strada e i dubbi sono spariti". I dubbi potrebbero ripresentarsi? "Se devo guidare una squadra che può allenarsi due volte in 8 mesi - osserva sconsolato il ct - una riflessione la farò". E' quantomai necessario, quindi, che i club e la federazione condividano un progetto. "Quando c’è un’idea, c’è la volontà di iniziare un progetto tecnico. Bisogna cercare di programmare, vanno valutati i giocatori. Ma se non giocano a livello europeo, serve lo spazio per lavorare con loro: chiediamo questo, la possibilità di verificare la crescita di questi ragazzi. Lo dobbiamo fare se vogliamo sviluppare un progetto tecnico", dice Prandelli. "Altrimenti, che obiettivo abbiamo? Io penso di saper fare il mio lavoro. Ma se devo fare tre allenamenti in 8 mesi, non so se sono all’altezza. Io sono un allenatore di campo, non un politico o un burocrate. In questi due anni ho avuto rapporti con allenatori e giocatori, tra tecnici non ci sono mai problemi".

"La nostra vittoria avrebbe fatto bene a tutti, ma avrebbe fatto perdere l’equilibrio a tanti. C’è voglia di cambiamento e rinnovare, se vogliamo riuscirci dobbiamo farlo per tanto tempo", osserva ancora Prandelli. "Forse non siamo ancora pronti: quando lo saremo per vincere, saremo anche pronti per rivincere. Altrimenti, avremo picchi e poi anni bui".

Con queste Furie rosse poco da fare

Contro la Spagna, in finale, c’era poco da fare: "Abbiamo affrontato una squadra che da anni ha straordinaria continuità. L’unico rammarico, piccolo, è non aver avuto due giorni di riposo in più. Il resto non conta: bisogna riconoscere la superiorità degli avversari".

Un grazie ai giornalisti

Entrando in sala stampa Prandelli riceve un lungo applauso dai giornalisti. E lui ringrazia: "Mai avrei pensato di dover ringraziare i giornalisti, vi ringrazio per l’applauso spontaneo", dice il ct. Poi però si toglie un altro sassolino: "È difficile accettare chi critica in maniera violenta". E il riferimento è alla polemica per la presenza di suo figlio nello staff azzurro: "Quando ho fatto le convocazioni è stata messa in risalto la presenza di mio figlio" Niccolò, preparatore atletico inserito nei quadri. "È un professionista, avevamo bisogno di una persona che si integrasse con il mio staff. È stato fatto un lavoro importante, come dimostra il recupero degli infortunati", osserva. Ma le accuse ricevute di nepotismo hanno lasciato il segno: "Non ci sono rimasto male, di più. Accetto sempre la critica sportiva, ma non accetto attacchi personali. Mi hanno ferito umanamente in maniera profonda".

In finale ci voleva più coraggio

"Sono stato bravo a mantenere equilibrio nei giudizi. Forse nell’ultima partita avrei dovuto avere più coraggio e rivoluzionare la squadra: ma sarebbe stata una mancanza di rispetto nei confronti di chi aveva portato la squadra in finale", dice con malcelata soddisfazione il commissario tecnico azzurro. "Ho lavorato con passione, con l’obiettivo di regalare qualche momento di gioia a chi soffre veramente - conclude ripensando all’ultimo mese e mezzo -. Questa squadra è stata generosa, ha mostrato di avere uno spirito. Abbiamo vissuto giornate straordinarie, non solo in campo.

Penso alla visita ad Auschwitz o ai bambini in ospedale. Queste sono le cose importanti".

In serata gli azzurri al Quirinale

La nazionale, atterrata all'aeroporto romano di Fiumicino, in serata incontrerà il Presidente della Repubblica al Quirinale.

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