Il presidente dell’Ucraina lancia la grande coalizione ma Yulia risponde «niet»

«Nessuna alleanza con i filorussi, piuttosto restiamo all’opposizione» Senza un’intesa tra i due blocchi però non si può riformare la Costituzione

Se lo spoglio dei voti in Ucraina ha offerto, con la sua lentezza esasperante, lo spaccato di un Paese che a fatica si muove nella palude della burocrazia e della legalità, il giorno dei tanto attesi risultati definitivi è l’immagine di una strana santa alleanza, quella tra i due Viktor, che ha tutto l’aspetto di un inconcepibile voltafaccia. Il presidente Viktor Yuschenko lancia un appello «alla responsabilità» e butta nel frullatore della complessa situazione politica la proposta «di una grande coalizione di governo», che includa i partiti arancione e gli azzurri del filorusso Viktor Yanukovic. Ma subito Yulia Timoshenko, sua alleata nella rivoluzione arancione dell’inverno 2004 e oggi reduce da un successo personale straordinario, respinge al mittente questa proposta con una secca replica: «Non entreremo mai in una coalizione con i filorussi. Nel caso in cui si formasse un’intesa tra Nostra Ucraina e il Partito delle Regioni resteremo all’opposizione. Non vogliamo fare da tetto politico alla mafia».
In compenso l’azzurro Viktor Yanukovic, da sempre fedele custode degli interessi russi in Ucraina, plaude all’iniziativa e si schiera subito a fianco dello storico rivale. Converrete che c’è qualcosa che non quadra. Riepilogando i risultati finalmente definitivi delle elezioni, il Partito delle Regioni ha ottenuto il 34,3%, il Blocco della Timoshenko il 30,76%, Nostra Ucraina-Autodifesa popolare il 14,18%, con i comunisti (5,38%) e il Blocco Litvin (3,96%) che per un soffio riescono a entrare nella Rada, il Parlamento di Kiev. Data la débâcle del Partito socialista, fermo al 2,86%, sotto lo sbarramento elettorale del 3%, i partiti della Timoshenko e di Yuschenko assieme otterrebbero 226 seggi su 450, una maggioranza risicatissima, che potrebbe forse avvalersi dell’appoggio del centrista Litvin.
I numeri dicono comunque che senza grandi intese fra il blocco arancione e i filorussi non sarà possibile avviare la riforma della Costituzione, assolutamente necessaria per fissare le prerogative di presidente e premier prima delle presidenziali del 2009 ed evitare così la possibilità di una nuova crisi istituzionale. Da qui l’intervento televisivo del presidente Yuschenko, che ha invitato i partiti «a formare una maggioranza parlamentare in nome degli interessi nazionali e dell’unità del Paese perché - ha aggiunto - sono sicuro che questo sarebbe il miglior regalo alla società ucraina».
In questo quadro di prospettive confuse si innesta la delicatissima questione del pagamento delle forniture che il colosso russo del metano Gazprom vuole incassare dall’Ucraina a stretto giro di banche. Un monito tutt’altro che casuale, se si considera che nei giorni scorsi l’ambasciatore russo a Kiev, Viktor Cernomyrdin, aveva prospettato un aumento delle tariffe del gas russo in caso di arrivo di «nuove persone» alla guida del governo. «Il comunicato di Gazprom sul debito ucraino era atteso, ma l’ammontare indicato è esagerato», ha obiettato ieri il ministro delle Finanze di Kiev, Mykola Azarov.
Di fatto, in una giornata di colloqui a Mosca e sollecitazioni da parte dell’Unione Europea, Gazprom e l’Ucraina hanno trovato l’accordo dopo che il ministro dell’Energia ucraino, Yuri Boiko, durante un incontro con il numero uno di Gazprom, Alexei Miller, ha assicurato che il suo Paese estinguerà il debito di 1,3 miliardi di dollari entro il prossimo 1° novembre.


Gazprom, in giornata, si è detta decisa ad adempiere ai propri impegni in tema di energia con l’Europa, nonostante i problemi dei debiti dell’Ucraina. Al termine dell’incontro, il vice premier russo, Dmitry Medvedev, presidente del gigante energetico, ha infatti rassicurato i consumatori europei: «Non staranno al freddo».

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