Presidente Inps: riforma previdenziale non serve

Nella relazione annuale dell'istituto il presidente Mastrapasqua sottolinea che "i conti sono in ordine e le riforme che si sono succedute negli ultimi venti anni stanno progressivamente mettendo in sicurezza il futuro delle pensioni". È di 7,9 miliardi l'avanzo finanziario nel 2009, cresce esborso per invalidità e inabilità

Presidente Inps: riforma previdenziale non serve

Roma - Da molti anni si parla ell'urgenza della riforma del sistema previenziale. Da destra a sinistra si discute e ci si divide sulle modalità ma, in buona sostanza, si è d'accordo sul fatto che una riforma sia necessaria. Da oggi ci sarà un motivo in più per discutere. La riforma del sistema previdenziale "non serve", ha sottolineato il presidente dell'Inps Antonio Mastrapasqua nella Relazione annuale dell’istituto. Il responsabile dell'Inps ha poi assicurato che il sistema nel nostro Paese "ha i conti in ordine e che le riforme che si sono succedute negli ultimi venti anni stanno progressivamente mettendo in sicurezza il futuro delle pensioni".

Pensioni anzianità dimezzate "L’effetto delle finestre di uscita, - ha spiegato Mastrapasqua - congiuntamente al sistema delle quote, ha raffreddato, e non di poco, il calore del sistema previdenziale italiano. Nel corso del 2009 è risultata dimezzata la domanda di pensioni di anzianità. Mediamente sono diminuite del 4% le nuove pensioni liquidate in corso d’anno, con punte di -11,3% per i lavoratori dipendenti. Depurato del peso dell’assistenza, il bilancio previdenziale dell’Inps pesa poco più di 11 punti percentuali sul Pil. La sostenibilità "è stata sostanzialmente raggiunta".

La riforma dimenticata Ma, secondo il numero uno dell’Istituto, "c’è una riforma dimenticata che deve ancora svolgere tutti i suoi effetti, ma che è già entrata in vigore dal primo gennaio di quest’anno. L’articolo 22 ter della legge 102 dello scorso anno ha modificato l’età della pensione, ma sembra che pochi commentatori se ne siano accorti". Dal 2015 con un sistema di progressione controllato (avviato proprio dal primo gennaio 2010), l’età pensionabile sarà adeguata all’incremento della speranza di vita accertato dall’Istat e validato da Eurostat. Nel giro dei successivi trent’anni è prevedibile che l’uscita per vecchiaia si sposterà di circa tre anni e mezzo. Nel pubblico impiego è stata varata una riforma che equiparerà entro il 2018 l’età di pensionamento di uomini e donne.

Settore privato "Nel settore privato, - ha proseguito Mastrapasqua - dove la protezione sul lavoro è assai diversa, il problema è un altro: garantire alla donna la possibilità di lavorare di più, conciliando il lavoro con gli impegni familiari". Se si esaminano i numeri si vede che donne e uomini vanno già in pensione più o meno alla stessa età; le prime per vecchiaia, non avendo accumulato adeguati contributi, i secondi per anzianità. Imponendo un allineamento obbligatorio alla stessa età di pensione si finirebbe per accentuare una disparità già vigente nel mondo del lavoro, anche alla fine della carriera".

"Oggi alle donne si attribuisce - ha concluso il presidente dell'Inps - quasi sempre senza alcun tipo di sostegno, il carico esclusivo dei figli e degli anziani nella famiglia, penalizzando le occasioni e le prospettive di lavoro e di impegno professionale".

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