La riforma delle pensioni sembra allontanarsi, ma il problema della pensione resta serio. Il sistema contributivo, i percorsi di carriera intermittenti, la mancata crescita salariale contribuiranno a rendere la prestazione previdenziale sempre più magra. E allora è inevitabile prestare sempre più attenzione alla “pensione di scorta”. In queste settimane la Commissione bicamerale di controllo sull’Attività degli Enti Gestori di Forme Obbligatorie di Previdenza e Assistenza Sociale sta svolgendo una serie di audizioni. Uno degli obiettivi è in qualche modo favorire il ricorso alle forme di previdenza complementare.
Alla fine del 2023, le posizioni aperte presso le forme pensionistiche complementari sono 10,7 milioni, il 4 per cento in più rispetto alla fine del 2022. A tali posizioni, che includono anche quelle di coloro che aderiscono contemporaneamente a più forme, corrisponde un totale degli iscritti di 9,610 milioni (+4 per cento). Numeri modesti. Vuol dire che non più del 30% dei lavoratori attivi si sta preparando una pensione complementare.
Quattro tipi di fondi
Sono almeno di quattro tipologie diverse le forme pensionistiche complementari:
- i fondi pensione chiusi o negoziali (cioè quelli collegati a una categoria di lavoro, e quindi a un contratto collettivo; possono aderirvi solo coloro la cui attività è regolata da quello specifico contratto collettivo nazionale);
- i fondi pensione aperti (cioè quelli cui si può aderire liberamente e individualmente, a prescindere dal lavoro svolto. Basta vincolarsi a un contributo. La frequenza di questo versamento e il suo ammontare può essere deciso dal sottoscrittore);
- i cosiddetti Pip (piani individuali pensionistici) promossi dalle compagnie di assicurazione (le polizze vita con fini previdenziali non fanno parte di questa categoria);
- i fondi pensione preesistenti cioè quelli istituiti anteriormente al novembre 1992, collegati ad aziende, per lo più bancarie (o assicurative) che avevano creato strumenti ad hoc solo per i loro dipendenti.
L’obiettivo di tutte queste forme di fondi pensione è quello di integrare la pensione di primo pilastro, con una rendita aggiuntiva che si può riscuotere all’età pensionabile (ci sono eccezioni che prevedono un riscatto parziale anticipato).
Rischi e rendimenti
I rendimenti dei fondi pensione sono collegati al livello di rischio che viene indicato dall’iscritto al momento della sottoscrizione. Ogni fondo pensione offre diversi comparti di gestione tra cui scegliere per investire i propri contributi.
Per scegliere la linea più adatta è necessario guardare da un lato l’orizzonte temporale che si ha a disposizione prima del pensionamento e dall’altro la propria personale propensione al rischio.
In genere all’interno di ogni fondo pensione è possibile distinguere tra quattro diverse tipologie di comparti:
- il comparto azionario, investe principalmente in titoli azionari e pur essendo più rischioso offre rendimenti tendenzialmente superiori nel lungo periodo
- il comparto bilanciato che investe in parte in azioni e in parte in obbligazioni e rappresenta una via di mezzo tra l’azionario e l’obbligazionario
- il comparto obbligazionario, investe principalmente in obbligazioni e titoli di stato, tipicamente meno rischioso ma con rendimenti inferiori
- Il comparto garantito che garantisce appunto la restituzione del capitale versato
Il vantaggio del fondo pensione è quello di accumulare risorse per quando non si avrà più un reddito da lavoro e quando la pensione maturata obbligatoria (il
primo pilastro) potrebbe risultare troppo modesta.I vantaggi fiscali
Il fisco è generoso con le forme previdenziali complementari - anche se molti vorrebbero una maggiore generosità per favorire adesioni più cospicue - e offre alcuni vantaggi.
- Un primo vantaggio riguarda la deducibilità dei contributi versati dal reddito dichiarato, che portano a una riduzione del reddito imponibile e quindi ad un risparmio sull’IRPEF. L’importo massimo che si può dedurre è di 5164,27 euro.
- Un altro aspetto rilevante è la tassazione agevolata sulle rendite finanziarie del fondo pensione, fissata al 20% (diventa il 12,5% se deriva dal possesso di titoli di Stato), inferiore rispetto al 26% generalmente applicato ad altri tipi di investimenti. Inoltre, nella fase di erogazione della rendita o del capitale, la tassazione applicata varia tra il 9% e il 15%, a seconda della durata del piano previdenziale.
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