Di caduti e dispersi in Russia durante la seconda guerra mondiale, l’Italia ne ha contati oltre ottantamila. Ma il tenente pilota Mario Longoni è un po’ speciale: fu il primo soldato italiano a perdere la vita su quel fronte e per questo il regime gli dedicò una prestigiosa sepoltura in terra d’operazioni. Dopo 68 anni, grazie all’interessamento del presidente dell’Associazione combattenti Umberto Raza, la salma di Longoni rientra nella sua Carate Brianza, dove troverà definitivo riposo. Quella di Mario Longoni, sottotenente pilota della 362a Squadriglia Caccia e medaglia d’argento al Valor Militare, è una storia dove entusiasmo giovanile, passione per il volo e tragicità della guerra porteranno una giovane vita a spegnersi fra le lamiere di un Macchi MC200 nell’agosto del 1941. Nato a Carate nel 1914, fin da giovanissimo Longoni manifesta una grande passione per il volo. Da universitario ottiene il brevetto di pilota e qualche anziano ancora ricorda le sue esibizioni alate su Vedano e Carate. All’entrata in guerra dell’Italia Mario parte per la Cirenaica (oggi Libia) meritando la medaglia d’argento al Valor Militare. Nel 1941 è chiamato sul fronte orientale. Il 27 agosto con il suo 22° Gruppo ingaggia un duello con aerei nemici e in quel frangente gli italiani abbattono sei bimotori Tupolev e due caccia Polikarpov. Ma il successivo 28 agosto Mario Longoni è colpito a morte da un proiettile d’artiglieria.
La notizia del primo caduto italiano sul fronte russo ha larga diffusione anche sulla stampa europea, trattandosi altresì di un valoroso pilota. E dall’Italia il Duce ordina che all’eroico aviatore venga riservata una marmorea sepoltura a Ghencea, vicino Bucarest, con l’effige dell’aeronautica e un epitaffio che recita: «Mario Longoni, sottotenente pilota, caduto valorosamente nei cieli dell’Ucraina combattendo la guerra dell’Italia fascista contro il bolscevismo». Ma, come se si potesse censurare il passato, l’ultima frase sarà cancellata dopo il conflitto. Al padre di Mario viene riconosciuto un non trascurabile indennizzo, però non gli è consentito di raggiungere la tomba del figlio né di poter riavere le sue spoglie, se non a guerra finita. Poi la Cortina di ferro, la «guerra fredda» e la chiusura dell’Unione Sovietica impediscono per molti decenni il rimpatrio delle salme dei caduti italiani. Ma ora Mario compirà ancora un volo. Quello che finalmente porterà la sua urna all’aeroporto militare di Linate oggi, alle 10.30, grazie all’interessamento del Comandante della Prima Regione aerea, generale di squadra aerea Nello Barale e del vice, generale di brigata Aerea Enrico Camerotto. Dopo la celebrazione di una messa nell’hangar, i resti raggiungeranno il Comando di piazza Novelli, saranno custoditi nella «Chiesetta dell’Aviatore». Domani il rientro a Carate nel cimitero cittadino.
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