Privacy, il diktat del Garante italiano avrebbe oscurato anche Carlo e Diana

Come sarebbe stato diverso il mondo se il nuovo-vecchio pronunciamento del Garante della privacy fosse già stato in vigore nel Regno Unito.
Come sanno anche i sassi, la parola italiana privacy viene direttamente dall’inglese; secondo la pronunzia inglese la «i» è corta, come in italiano, mentre è stata la versione americana, caratterizzata dal dittongo «ai», che ha preso usanza nella Penisola. Ma importa poco, perché il concetto è quello.
Purtroppo sono pochi in Italia, e certamente non quelle anime belle che si sono da tempo elette ad alti sacerdoti del culto delle «buone regole inglesi da sfoggiare in Italia» come passatempo snob, che né in America né nel Regno Unito esiste una legge sulla privacy, come quelle vigenti nei Paesi europei «continentali», perché una simile idea fa a pugni con il concetto di Libertà d’espressione della Costituzione scritta dei primi, e di quella non formalmente scritta, ma ugualmente codificata, dei secondi.
Ma non ci fissiamo su questi dettagli: facendo un salto di fantasia, immaginiamo che già esistesse anche nei Paesi anglosassoni una «Authority» (altra parola che noi anglofoni capiamo, eccome) «for Personal Data Privacy», con poteri draconiani e arbitrari, come in Italia, per decidere quale tipo di notizia fosse di pubblica utilità e quale no. E diamo per assurdo che il suo presidente, rigoroso difensore dei diritti speciali dell’Establishment (nome altisonante che diamo alle persone potenti, influenti e spesso solo celebri: corrispondente grossomodo all’ormai italianissimo «vip»), si chiamasse... Frank Pizzett. Essendo una figura di chiara fama, magari amico di certi politici che contano, sarà stato anche nobilitato, a titolo di cavaliere, quindi eccovi Sir Frank Pizzett. Possiamo dare anche un inizio al suo infaticabile operato, l’annus horribilis (per l’ancien régime britannico) 1956, per via del fiasco di Suez, la scoperta degli «Angry Young Men» (giovani intellettuali - e non - incazzati con il vecchio ordine); e l’arrivo del Rock’n’Roll dall’America, tre processi che hanno ridotto di molto il potere e l’influenza dell’Establishment. Da quell’anno in poi (in realtà), c’è un noto declino dell’influenza della classe politica sulla società, e anche della tradizionale deferenza nei confronti dei potenti, per creare un clima più insolente, democratico e divertente, che porterà ai Beatles, allo Swinging London, agli anarchici Hippy.
Ma nella nostra 1956 virtuale e parallela, l’austero Sir Frank Pizzett riesce a bloccare quell’anarchico processo di «glasnost» applicando i draconiani poteri della sua Authority. Quindi tutti i gossip columns che si stavano arricchendo di notizie piccanti sulla vita sentimentale tortuosa della bella Principessa Margaret, sorella cadetta della regina Elisabetta, creando le basi per il moderno «royal gossip», vengono censurati, con le righe nere, come in tempo di guerra.
Margaret e l’amante
Gli ormai irriverenti sudditi britannici, grazie a Sir Frank, non capiranno mai perché la Margaret si sposa alla fine nel 1960 con uno «di serie B», Lord Snowdon. Né capiranno perché questo matrimonio si rivela così infelice. Per via dell’austera Authority per la Privacy, non verranno mai pubblicate le foto piccanti della Margaret 50enne con il giovane e bello amante Roddy Llewlleyn, mentre Snowdon si diverte... diversamente. Non ci sarà mai quel dibattito pubblico sui costi ai contribuenti della monarchia e i doveri e diritti dei suoi membri più esuberanti, perché grazie all’integerrimo Pizzett, gli inglesi non sapranno mai come vivano in privato i reali.
Profumo svanito
L’intero affaire Profumo-Keeler, che nel 1963 ha tenuto la nazione incollata davanti alla tv e ai giornali (grosso aumento di tiratura e di share per tutti), con tutti i suoi riflessi sui doveri ministeriali e sui rischi della Guerra Fredda e la libertà di informazione, portando direttamente all’inebriante sensazione di libertà della musica pop yé-yé e le disinvolte ragazze in minigonna, nel nostro racconto virtuale, scompare: invece di Swinging London, ci sono gli anni di piombo, dove i potenti fanno tutto dietro le porte chiuse, e le energie creative giovanili rimangono imbrigliate nel conformismo di regime. E così, tutte le deliziose indiscrezioni ed esuberanze delle persone pubbliche britanniche degli ultimi cinquant’anni scompaiono: il pubblico non vedrà mai la foto di Sarah Ferguson, Duchessa di York e nuora prediletta della sovrana, farsi succhiare l’alluce sul bordo piscina di qualche villa provenzale dal «consigliere finanziere» John Bryant, né quelle rivali del marito principesco Andrea, detto «Randy Andy» (l’arrapato) che ama circondarsi di belle pupe ovunque si trova, e che secondo l’appariscente bionda Courtney Love, vedova di Kurt Cobain dei Nirvana, le piomba in casa a Los Angeles «cercando qualche bonazza da scopare»: la pubblicazione della prima avrebbe valso, secondo l’Authority della nostra fiaba, ben sei mesi di reclusione, la seconda magari due anni pieni al fresco per il direttore del Sun o del Times.
«News blackout»
Poi, tutta la lunga e tormentata parabola del rapporto fra il principe di Galles, iniziato così bene, e poi passato allo stadio tragico e poi grottesco, che ha reso partecipi i lettori non solo britannici, ma di tutto il mondo, chi tifando per lui, chi per lei, facendoci tutti interrogare sulle complesse realtà dei matrimoni moderni fra persone di diversa età e diversi interessi?
Sotto la ferrea regia di Sir Frank (anzi ormai promosso alla Camera dei Lords come fido difensore delle vecchie ipocrisie) Lord Pizzett of Fleet Street (la storica strada londinese delle sedi editoriali), sui quotidiani e settimanali britannici, fiumi e fiumi di inchiostro nero obliterante, cancellando tutti i particolari «newsworthy», per creare quel «News Blackout» che tanto piaceva ai censori ai tempi di guerra. Invece di quella grande espansione dei media stampati, che ancora nel Regno Unito fa l’invidia dei Paesi «continentali» per numero di copie vendute e per rapporto alla popolazione, che negli anni ’80-90 si è dovuto molto all’interesse collettivo per tutti gli aspetti del rapporto Carlo & Diana, grazie al garantismo paternalistico di Lord Pizzett, un crollo delle vendite, per scendere ai (scarsissimi) livelli francesi.
Chi ha sempre visto Carlo come un tipo sobrio e senza passione non avrebbe mai potuto sentire le registrazioni dette «Camillagate» pubblicate su tutti - ma proprio tutti - i giornali, in cui l’erede al trono implorava alla sua amata di poter fare il suo Tampax personale; chi invece fosse convinto che Diana fosse tutta acqua e sapone, non avrebbe mai potuto sentire le piccanti registrazioni dette «Squidgygate» o sapere nulla sulla condotta privata dei tanti ministri e deputati conservatori dei governi Thatcher e Major, che predicavano «il ritorno alla moralità tradizionale» in pubblico, e si concedevano le porcherie più piccanti di sera (ma solo per loro), e quindi riflettere sulle discrepanze dell’immagine pubblica e la vita privata dei grandi e potenti.
Perché un regime così totalitario come quello instaurato nel Regno Unito sotto Lord Pizzett non permette al pubblico intelligente di saper distinguere fra le notizie vere (per quanto scabrose) come quelle elencate sopra e quelle finte (ugualmente scabrose) come quelle dell’ex-valletto del Principe Carlo che si faceva masturbare a letto dal valletto rivale, o quella che voleva disperatamente frocio e adultero l’ex ministro della Difesa, favorito della Thatcher, Michael Portillo?
Sotto il «total private news blackout» del nostro ipotetico Lord Pizzett, non sarebbe stato più possibile misurare gli sviluppi sociali ed etici della stessa società britannica, né ai direttori e redattori di saperli anticipare o intuire così bene come nella realtà, con una bravura che rende possibile vendite da capogiro che fanno solo sbavare gli editori italiani.
L’ambasciatore nudo
Grazie anche al regime di totale auto-regolazione che hanno (il Press Council; adiuvato dalla Press Complaints Commission, alla quale possono lamentarsi singoli individui su qualsiasi tema), i media britannici hanno saputo mantenere bene il loro prestigio internazionale e la leadership nelle vendite e nelle innovazioni dei contenuti. Per non parlare della imparzialità nel trattare tutti i temi scottanti, senza farsi quel tremendo auto-riflesso «cui prodest?» come si usa altrove.
Prima di licenziare definitivamente il nostro Lord Pizzett, e mandarlo come Governatore-Generale a vita dell’isola di Tristan di Cunha (una delle ultime del vecchio impero), gli permettiamo di vigilare sulla deliziosa notizia arrivata l’altroieri da El Salvador, dove l’ambasciatore israeliano Tsuriel Rephael è stato trovato dalla polizia per strada, in stato di ubriachezza, e completamente nudo... tranne per una serie di catene, cinte e altri strumenti utilizzati per i giochetti erotici del sadomasochismo.

Dal momento che questa notizia non getta alcuna luce utile sulle tensioni in Medio Oriente, o sulla direzione geo-strategica seguita dalla diplomazia israeliana nell’America Centrale, che facciamo, Lord Pizzett, depenniamo, con il pennello nero da censore, anche questo?

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