nostro inviato a Rio de Janeiro
Al formato di un forum che tiene insieme Paesi con sensibilità diverse e interessi spesso contrastanti sulle principali crisi geopolitiche mondiali, si è aggiunta la transizione ai vertici dell'amministrazione americana, con uno dei più importanti attori globali paralizzato in attesa del passaggio di consegne tra Joe Biden e Donald Trump. Insomma, era inevitabile che il G20 di Rio de Janeiro fosse destinato a fotografare una sorta di impasse globale, in attesa che il 20 gennaio l'inauguration day formalizzi il nuovo corso della Casa Bianca.
Il summit dei Venti, aperto ieri dal presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva, si chiuderà oggi con una dichiarazione finale frutto di un lunghissimo e complesso compromesso tra gli sherpa, che da giorni negoziano ininterrottamente fino a tarda notte. Al punto che persino su un tema che non dovrebbe essere divisivo come la lotta alla fame del mondo - uno dei dossier più cari alla presidenza brasiliana - l'Argentina di Javier Milei si è messa di traverso. Così, si è dovuto contrattare a lungo per avere alla fine l'ok di Buenos Aires sull'Alleanza globale contro la fame che Lula ha voluto come bandiera del G20. Un fronte su cui l'Italia ha aderito con forza, tanto che nel suo intervento la premier Giorgia Meloni ha sottolineato come il nostro Paese sia «in prima fila contro fame e povertà» e come la sicurezza alimentare sia stata una delle «sfide prioritarie» della presidenza italiana del G7. Lo sradicamento della fame nel mondo, è stato il senso delle parole della premier durante la prima sessione dei lavori del G20, è «una delle sfide più ambiziose e complesse che affrontiamo» ed è «lontana» dall'essere risolta. Anzi, il problema si aggrava in scenari di crisi, tanto che «l'aggressione russa in Ucraina ha portato all'uso del grano come strumento di guerra».
Si è incagliato, invece, l'eterno negoziato tra Ue e Mercosur, il mercato comune dell'America meridionale (Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay). Da tempo si parla di un'intesa che creerebbe un interscambio tra 800 milioni di persone, permettendo a prodotti agricoli e materie prime sudamericane di arrivare in Europa. Un accordo che la Francia non ha mai visto di buon grado, ma che dopo le crisi di questi ultimi anni (cambiamento climatico e guerra in Ucraina) ha la netta ostilità dagli agricoltori europei. Quelli francesi ieri protestavano con 85 sit-in in tutto il Paese, tanto che a Rio Emmanuel Macron ha fatto presente a Lula che non esistono le condizioni per un via libera. Che non convince affatto neanche l'Italia, con una chiusura netta di Fdi e un approccio più dialogante (ma critico) di Forza Italia. Il punto, però, è che senza Parigi l'intesa non si sblocca.
Sullo sfondo del summit brasiliano resta il nodo della nuova Commissione. Al G20 sono infatti presenti i principali attori della partita, gli unici che posso sbloccare lo stallo. Dalla presidente Ursula von der Leyen al premier spagnolo Pedro Sánchez, passando Meloni e Macron. Che, inevitabilmente, a margine dei lavori hanno affrontato la questione.
Ursula ha tutto l'interesse a chiudere, lo spagnolo non vuole rischiare che la socialista Teresa Ribera (nell'occhio del ciclone a Madrid per l'alluvione di Valencia) arrivi al terzo voto a maggioranza dove rischia di cadere, Meloni vuole portare a casa la vice-presidenza esecutiva di Raffaele Fitto e l'inquilino dell'Eliseo punta a blindare Stéphane Séjourné (che senza Ecr può cadere). L'impressione è che si stia andando verso un accordo, tanto che ieri Sánchez avrebbe fatto sapere di essere pronto a sostenere Fitto se gli sarà garantito l'ok a Ribera.
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