Il prof col bastone che protegge gli alunni

La scuola di Lampedusa sembra una Fortezza Bastiani minacciata da invasori tutt’altro che immaginari. Un Istituto comprensivo (materna, elementare e media) dove ieri il portone è rimasto chiuso. Gli insegnanti - come tanti sergenti Drogo - sono tutti di «vedetta»: scrutano l’orizzonte da dietro le finestre. Per loro niente fantasmi di ribelli tartari in arrivo dal deserto, ma un esercito di ombre nere sbarcate dal mare. Centinaia di clandestini disperatamente violenti che hanno trasformato l’isola della tolleranza nell’isola della rabbia. Con i lampedusani senza posti sicuri per ripararsi dalla furia dei tunisini. Una rivolta che non ha fatto sconti a niente e nessuno, scuole comprese. Tanto che sindaco e presidi si sono trovati d’accordo nel chiedere alle famiglie di tenere di figli a casa. Ora il peggio è passato. Si torna in classe, lezioni regolari.
Ma la telefonata che ci arriva in redazione è un pugno nello stomaco: «Le sembra normale che io, un professore, sia dovuto andare in aula armato di bastone (il sindaco ieri aveva fatto la stessa cosa, barricandosi in Comune ndr)?. L’ho fatto per difendere me e i miei ragazzi. Tutto attorno alla scuola un clima da guerriglia: polizia che carica, immigrati che sembravano degli hooligans impazziti, cittadini pacifici costretti a farsi giustizia da sé».
Anche le scuole, a Lampedusa, portano i segni della battaglia, mai feroce come quella appena conclusa: finestre rotte, scritte sui muri, la bandiera tricolore staccata dall’ingresso e bruciato in mezzo la strada.
«La mattina successiva all’incendio appiccato dagli immigrati - prosegue il professore nel suo racconto - l’abbiamo trascorsa chiusi nell’istituto in un clima surreale. Per fortuna c’erano pochissimi studenti, fuori succedeva di tutto; e noi qui dentro terrorizzati, nell’impossibilità di lavorare. Ma è stata comunque una giornata importante. Durante la quale abbiamo parlato di quanto stava accadendo a pochi metri da noi».
Uno scenario senza precedenti e che fa male: qui, a Lampedusa, le istituzioni scolastiche non hanno mai fatto mancare il loro supporto all’opera di «integrazione» dei migranti. Spesso i mediatori culturali che operano sul territorio hanno fissato proprio nelle scuole dell’isola il loro quartiere generale, trovando nei docenti e nei dirigenti scolastici di Lampedusa sempre un atteggiamento di massima collaborazione. Ma «l’azione di guerra» (parole del sindaco lampedusano) scatenata lunedì scorso dai clandestini tunisinio ha segnato un punto di non ritorno. Anche le persone più ospitali e tolleranti hanno perso la pazienza; dinanzi a un’orda arrogante e ingrata non c’è «buonismo» che tenga. I lampedusani hanno già dato, e hanno dato abbondantemente. Ricevendo in cambio sputi in faccia e tanti calci in culo.


Ma ieri, finalmente, per i lampedusani è arrivata una buona notizia: presto l’isola sarà liberata da tutti gli stranieri e i «nuovi arrivati» verranno fatti sbarcare direttamente a Porto Empedocle. Anche a Porto Empedocle ci sono tante scuole. E tanti professori pronti a difendere i propri ragazzi. Speriamo senza dover ricorrere ai bastoni.

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