Si può stabilire un paradossale rapporto fra Monti e Tremonti. Il primo è un autorevole economista messo alla dura prova della realtà e del governo del Paese; il secondo è un brillante tributarista che ha avuto per molti anni importanti responsabilità di governo e che ora filosofeggia con spavalda sicurezza di economia sulle colonne del Corriere della Sera.
A me sembra che questo paradosso segnali l’estrema complessità e difficoltà di governare l’Italia - per tutti: destra e sinistra - e soprattutto di passare dalle ricette generali alle decisioni concrete. In questo senso, l’opposizione ha buon gioco a criticare chi ha avuto il mandato di governare, spesso ricorrendo alla facile demagogia, salvo poi trovarsi alle prese con le stesse difficoltà e la stessa propaganda dell’opposizione di turno. C’è tuttavia una ulteriore considerazione da fare a riguardo. Il fatto è che nel nostro Paese troppo spesso latita la coerenza e la memoria.
Per quanto riguarda Tremonti la cosa è assai evidente e perfino clamorosa. Nel suo spinto ecumenismo e nel suo nuovo abito da filosofo dei tempi lunghi, Tremonti si spinge fino al punto di lodare la «grande e nobile scelta politica - di Moro, di Berlinguer e di altri - di finanziare con la spesa pubblica in deficit il costo sociale della modernizzazione». Giustamente Francesco Forte, che ha vera profondità di economista e di studioso del diritto e della storia, ha osservato a questo proposito che Luigi Einaudi considererebbe impazzito l’autore di una simile frase. Come poi Tremonti possa essere considerato, con simili convincimenti, l’ideologo della Lega, rappresenta un altro mistero della politica italiana. Io credo che anche la Lega abbia le idee un po’ confuse e che l’opportunismo politico, in continuità con la più deteriore tradizione italiana, avvolga oggi quasi completamente l’atteggiamento della Lega.
La disinvoltura con cui si passa dal governo all’opposizione, l’impudenza con cui si cambia casacca, ieri con responsabilità di governo, oggi con totale libertà accademica, è il principale segno dell’inaffidabilità della politica in Italia. Tremonti dovrebbe spiegare perché, nei vertici europei, ha accettato senza fiatare e senza porre una questione politica il raggiungimento del pareggio di bilancio nel 2013 e in più perché ha accettato la norma capestro che impone all’Italia la procedura sanzionatoria per i Paesi che non riducono di 1/20 la quota di debito pubblico in eccesso rispetto alla soglia del 60% del Pil. Spiegando inoltre quali sono le conseguenze di queste decisioni sulle decisioni che qualsiasi governo, sulla base di queste condizioni, avrebbe dovuto prendere.
Come dicevo all’inizio, Monti è un autorevole economista che oggi deve fare i conti con la dura realtà, assumendo difficili decisioni. Ho stima e simpatia umana per il rettore della Bocconi, e credo che se fosse stato ministro del governo Berlusconi le cose sarebbero andate molto diversamente.
Tuttavia anche per lui la differenza che passa tra l’essere celebrato editorialista del Corriere della Sera e l’arte del governo in un tempo di crisi come questo è assai evidente.Sandro Bondi
Coordinatore nazionale Pdl
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