«Il prossimo film? Vorrei girarlo proprio a Milano»

Sorpresa: Milano è una città cinematografica. E se a dirlo è un romano doc come Carlo Verdone, che dal goffo pischello trasteverino di Un sacco bello al burino arricchito di Bianco, rosso e verdone ha ambientato gran parte dei suoi film nell'Urbe e nell'agro romano, non possiamo dubitarne. Sbarcato ieri a Milano per presentare all’Uci Cinema Bicocca il suo nuovo film Io, loro e Lara, ha rivelato al Giornale la sua speranza per il 2010: che il capoluogo lombardo torni a essere la città del cinema italiano. «A Roma girare un film è sempre più difficile – lamenta l’attore -. I registi sono legati alla flessibilità e all’accoglienza di chi li ospita. Nella capitale avere i permessi è sempre più complicato, per non parlare dei problemi di viabilità: destreggiarsi tra scioperi, manifestazioni, ambulanze, ingorghi è diventato un incubo. E la città a stento sopporta le troupe: “Ma annate a lavorà!“, mi ha gridato un giorno un automobilista, quando noi eravamo lì a lavorare dalla sera prima». Perché allora non spostare lo sguardo dalla Roma “da cartolina”, esibizionista e godereccia, al fascino operoso e discreto della Milano dei Navigli, dei cortili, delle architetture liberty? «Si potrebbe fare. Milano è sempre stata una città cinematografica – osserva il regista -. Nel 1992 girai qui metà del film Maledetto il giorno che ti ho incontrato, che doveva essere una commedia nord-europea, lontano dalla realtà borgatara di Trastevere. In quell’occasione rimasi impressionato da alcuni scorci milanesi che avevo sempre ignorato, come le colonne di San Lorenzo, meravigliose, dove ho voluto ambientare una parte del film. Ecco, credo che il cinema italiano abbia bisogno di scenari nuovi, meno scontati, più internazionali, adatti a una comicità meno urlata e dialettale». Una commedia «più sofisticata», dunque, in linea con la sua ultima pellicola, «che in soli due giorni nelle sale ha incassato tre milioni di euro - sottolinea soddisfatto Verdone -. È l’inizio di un nuovo percorso. Ho voluto puntare sull’eleganza nella scrittura, nella recitazione, senza parolacce, gag, volgarità». Al centro un prete (Verdone), «una persona retta, mite, perbene, non di quelli che predicano dal pulpito, ma che parla dei problemi della gente». Un parroco moderno, per nulla bigotto, che in preda a una crisi spirituale dopo una lunga missione in Africa, torna dai parenti a Roma per trovare conforto e umana comprensione. «Invece si ritrova in una gabbia di matti», risucchiato dalle nevrosi e dagli egoismi di una società consumista e materialista: il padre, con orrendo parrucchino color mandarino, si è risposato con la badante moldava che spende e spande i soldi di famiglia; la sorella psicanalista (Anna Bonaiuto) è una divorziata nevrotica con figlia adolescente disturbata a carico; il fratello bancario (Marco Giallini) dipende dalla cocaina e convive con l’amante incinta. E poi c’è Lara (Laura Chiatti), una ragazza-madre ironica e seducente, figlia della serva-padrona moldava, che lavora come guida turistica ma arrotonda offrendosi alle chat sexy.

«Una commedia familiare, a tratti malinconica, che fotografa una situazione reale e disastrata della società italiana, in crisi di valori e con la fede». Un film corale, «come saranno d’ora in poi i miei film», promette Verdone. E chissà mai che sullo sfondo del prossimo non svetti la guglia con la Madonnina.

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