Il regista Pupi Avati torna in Liguria per ricevere il «Premio Padre Nazareno Taddei sj 2008», assegnatogli alla Mostra internazionale d'Arte cinematografica di Venezia per il film Il papà di Giovanna. Il premio è stato istituito dal Centro internazionale dello Spettacolo e della Comunicazione Sociale (Ciscs, con sede a La Spezia) in memoria del fondatore, il gesuita massmediologo scomparso nel 2006. Al Cinema Nuovo di La Spezia domani alle 21 alla consegna del Premio e alla proiezione del film, apprezzato perché esprime «autentici valori umani con il miglior linguaggio televisivo» (la giuria è stata presieduta da Morando Morandini), seguirà un dibattito con il regista.
Avati è un ospite abbastanza abituale della Liguria: nel maggio scorso gli è stata assegnata a Lerici l'Agave di cristallo, il premio speciale per i migliori dialoghi de Il cuore altrove (film del 2002). Presidente di giuria è stato Ugo Gregoretti: Morandini e Gregoretti come a dire la qualità della critica, l'intelligenza.
Avati, dopo 40 anni di cinema e 35 titoli, oggi è considerato «un maestro», ma prima di intraprendere questa attività teneva concerti nelle nostre riviere. Si era laureato in Scienze politiche a Bologna e da studente era diventato clarinettista della Doctor Dixie Jazz Band dove suonava con Lucio Dalla.
In Liguria venne al Festival del Jazz di Varazze, si esibì a Sanremo, a Genova all'Universale e frequentò nel '68 il Cine Club, che era quello degli anni d'oro come ama ricordare.
Nel 1986 partecipò ad un dibattito sul suo film Regalo di Natale con Padre Taddei e presenziò ad alcuni convegni organizzati dal CiSCS al Monastero di Bocca di Magra (un posto da favola). «Molto interessante l'analisi - ricorda ora - perché mi aprì ad una lettura del film come non sempre accade, in quanto spesso il critico si limita ad un riassunto, però non ho mai fatto film in Liguria e non ne farei. Non la conosco abbastanza. Dei miei film, 25 sono ambientati tra Bologna, le colline emiliane, il Po. Ho vissuto fino a 30 anni in Emilia e anche se da 40 vivo a Roma, lì è accaduto tutto per me: la nascita, la prima comunione, i boy scout, amicizie, primi amori e i tre figli».
Avati con queste parole dà un'indicazione geografica dello scenario dei suoi film, ma nel riproporci l'Emilia ricorda le persone e se stesso nel rapporto con gli altri. L'uomo è il suo interesse, è il cuore dell'uomo che ama esplorare in generosità e responsabilità, come nel lato oscuro.
Ha percorso la Liguria in alcuni dei suoi luoghi più belli, però oggi che il viaggio è una costante del nostro tempo, c'è chi viaggia per conoscere e immagazzinare immagini, c'è chi anela sempre di tornare al suo paesaggio dell'anima (Itaca per Ulisse, l'Emilia per Avati) e del viaggio porta con sé soprattutto le parole e i pensieri di chi ha incontrato.
È il senso del rapporto Taddei/Avati. Il massmediologo inventore dell'ora di religione in tv (1953 per invito del cardinale Schuster), inventore della Messa in tv, ostracizzato per aver visto nel film La dolce vita «il tema della Grazia» (che sembra dirci come Paolina: «Vai pure, mi troverai sempre ad aspettarti»), amico di registi come Fellini, Pasolini e Blasetti, è stato infine riabilitato ricevendo a Subiaco il «Premio Roberto Bresson» dall'Ente dello Spettacolo dell'Autorità ecclesiastica in Italia, (era il 2005 e significava la caduta del muro tra questo Ente e il Ciscs, nati con la stessa finalità di servizio e di propositi).
Avati scrive a Taddei a proposito della sua critica a Regalo di Natale (v. il numero 242 di Edav, mensile del CiSCS, ora diretto da Andrea Fagioli): «Ho apprezzato l'approfondimento del tema centrale, quello dell'amicizia. Ciò che Lei scrive somiglia al mio imbarazzo riguardo certi comportamenti Moderni». Nel 1992 per la critica a Magnificat quei comportamenti sono esplicitati: «Hanno inventato una nuova Morale che prescinde dal perdono, dall'amore. Sono terrorizzato. Lei ha compreso appieno il senso della mia ricerca... di un Padre che mi aiuti a comprendere il senso di tutto ciò che ci accade.
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