Putin punta sulla Bielorussia per sognare una nuova Urss

Ipotesi di unione con la Russia Obiettivo: restare presidente

La soffiata viene da Minsk e mette in agitazione il mondo politico russo. A metà della settimana prossima i governi di Mosca e Minsk potrebbero annunciare la nascita di un nuovo Stato. Vladimir Putin e il suo omologo Alexander Lukashenko potrebbero annunciare l’unione tra Russia e Bielorussia, e dunque la nascita di un nuovo Stato federale. Le trattative vanno avanti da tempo e all’inizio del 2007 sembravano sul punto di concludersi, ma poi tutto si era arenato, e negli ultimi tempi nessuno ci pensava più.
Venerdì invece un portavoce del governo bielorusso ha lasciato intendere che il vertice tra i due leader, previsto per il 13-14 dicembre a Minsk, potrebbe concludersi con l’annuncio dell’intesa e la presentazione della nuova Costituzione. Se così fosse, anche a Mosca tutto cambierebbe, perché Putin potrebbe rimanere legittimamente al Cremlino come presidente della nuova federazione, di cui peraltro ancora non si conosce il nome. D’un tratto diverrebbe ininfluente la legge russa, che vieta più di due mandati presidenziali consecutivi. Anche gli scenari ipotizzati finora finirebbero nel cassetto. Niente incertezza, niente successore. Il capo resterebbe lui. Per Lukashenko sarebbe pronta la poltrona di presidente del nuovo Parlamento, seconda carica istituzionale.
Impossibile ottenere conferme. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha affermato «di non saperne nulla», aggiungendo che «ufficialmente questo argomento non rientra nell’agenda del summit». Come smentita è apparsa piuttosto blanda, e infatti la radio Eco di Mosca, uno dei pochi media ancora liberi, l’ha subito ripresa con grande evidenza. Da due giorni non parla d’altro. Il deputato Konstantin Zatulin, molto influente nel partito putiniano Russia Unita, ha affermato di non essere al corrente di nuovi sviluppi, ma ha osservato che «Lukashenko sta perdendo popolarità e che la nascita di un nuovo Stato rappresenterebbe uno sviluppo logico». Insomma, anche a un pezzo da Novanta come lui l’ipotesi piace assai.
Ma perché Lukashenko dovrebbe accettare una soluzione che finora ha sempre osteggiato? A quanto pare per il petrolio e il gas, che da qualche mese Gazprom non vende più a condizioni agevolate ma a prezzi di mercato. Una situazione insostenibile per un’economia autarchica come quella di Minsk, che avrebbe indotto il presidente a un atteggiamento più comprensivo nei confronti di Mosca. Insomma, il ricatto del metano avrebbe prodotto gli effetti sperati. Ieri nuove voci. A Mosca il capo del Parlamento, Boris Gryzlov, precisa che l’«atto costitutivo ancora non esiste», ma ammette che «Putin e Lukashenko parleranno di budget nel loro incontro». Un tema insolito per un summit tra capi di Stato. Dalla Bielorussia insistono: il documento sarebbe pronto, e al dittatore di Minsk non resterebbe che firmarlo.
Intanto a Mosca la politica si ferma, in attesa di capire.

E Sergei Mironov, il presidente di Russia Giusta, il partito fantasma creato dal Cremlino, annuncia che non si candiderà alle presidenziali di marzo. Forse perché ha capito come andrà a finire.
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