Quando si dice Winston Churchill l'immagine che viene alla mente è, immediatamente, quella del politico con la bombetta e l'aria da mastino. Si ha quasi l'impressione di sentire la sua voce melodica, cadenzata ma un po' strascicante. Magica per la sua capacità di far diventare d'acciaio la determinazione dei britannici. Ma questo gigante della politica, premio Nobel per la letteratura nel 1953, è stato, come chiunque, anche un ragazzo.
Nato nella residenza di Bleheim Palace, a Oxford, nel 1874, Churchill trascorse i primi anni in Irlanda, dove suo nonno, il settimo duca di Marlborough, inviato là come lord-luogotenente, aveva voluto con sé come segretario il padre di Winston. Né quelli né gli anni a seguire furono idilliaci. Tiranneggiato da un genitore dispotico, stregato dalla roboante oratoria del nonno, tenuto a distanza da una madre con molti amici, Winston trovò la sua salvezza in una amorevole tata alla quale fu grato per tutta la vita. Ebbe un rapporto ancor peggiore con la scuola, dove all'epoca l'uso dello scudiscio era pressoché la norma. Racimolò spesso il minimo sufficiente nelle materie classiche (che poi invece gli fornirono infinito materiale per i suoi discorsi) e si innamorò di tutto ciò che era storia, geografia ma soprattutto scienza bellica. Il giovane Winston si immaginò rapidamente come un brillante ufficiale che avrebbe poi potuto usare le medaglie disseminate sul suo petto come un lasciapassare per il mondo. Non erano fantasie. Superati con una certa fatica gli esami di ammissione all'accademia militare, come si può leggere nel suo Early Life, Churchill, arruolato nel IV reggimento Ussari, ebbe la sua buona parte di guerre e di avventura: dalla rivolta di Cuba sino alle Guerre anglo-boere. Nel frattempo iniziò a rivelare il suo talento di scrittore, giornalista e anche... scrittore di romanzi. O meglio di un romanzo: Savrola. Contro il dittatore della Laurania, che ora esce per la prima volta in italiano da Gallucci (pagg. 216, euro 14,50, traduzione di Daniele Tinti). Churchill iniziò a scriverlo mentre si trovava a Bangalore, proprio con il suo reggimento di ussari, spesso impegnato in quelle partite di polo che fanno capolino anche nel romanzo. Mentre continuava a lavorarci, venne inviato come corrispondente di guerra in svariate zone calde, dove vide usare sul campo anche le terribili pallottole dum-dum ad espansione, che vengono citate anch'esse, in maniera molto meno allegra, nel romanzo.
Ma veniamo al contenuto del libro, che fu per la prima volta pubblicato a puntate sul Macmillan's Magazine nel 1899. Pur essendo un'opera acerba, rivela moltissimo del Churchill di quegli anni, ma anche del Churchill che verrà. Si tratta essenzialmente di un romanzo fantapolitico. È ambientato nell'inesistente Laurania, una repubblica affacciata sul Mediterraneo, in un contesto che pare metterla ai margini dell'Europa. Se la geografia è incerta, l'anno degli eventi invece è preciso, il 1888 quando, cinque anni dopo una tremenda guerra civile, un presidente governa il Paese con il pugno di ferro e l'aiuto dei militari. Non vuole libere elezioni, non si fa problemi a sparare sulla folla che le chiede. Nell'opposizione al presidente Molara ci sono anime diverse tra cui brilla il Savrola che dà il titolo al libro. Questi incarna l'ideale del liberale in equilibrio tra costituzione, amore per il popolo e realismo quasi cinico che il giovane Churchill desiderava essere. Savrola vuole evitare finché possibile le violenze di piazza, e conta sulle elezioni. Sa passare dalle riunioni di congiurati alla sala da ballo. Riesce anche a far innamorare la moglie del presidente. Non riuscirà comunque a impedire che la rivoluzione degeneri in un bagno di sangue per colpa sia dell'ostinazione di Molara, sia di tutto coloro che vogliono solo sfruttare la rabbia popolare per prendere il potere. Tanto che dovrà darsi alla fuga per tornare anni dopo.
Tolta la componente romantica della vicenda (si deve pur accontentare il lettore, anche se lo stesso Churchill aveva seri dubbi in merito, per la sua difficoltà a delineare il personaggio femminile), il romanzo mostra che l'autore aveva le idee chiarissime sui rischi politici che correva gran parte dell'Europa agli inizi del Novecento. Tutto in forma fantastica, ovviamente, ma la Laurania mette in scena quello scontro tra autoritarismo e modernità che avrebbe portato al prussianesimo e allo zarismo più tirannico. E poi di lì a breve alla Guerra mondiale (nel romanzo ci sono anche tensioni coloniali) e al trionfo di rivolte bolsceviche o in camicia nera.
Si è detto più volte che gli europei sono andati incontro al conflitto mondiale come sonnambuli. Churchill a quanto pare no, aveva già ben presenti, pur in un romanzo giovanile, i rischi di tirannie e violenze cui si andava incontro. Peccava soltanto in ottimismo rispetto all'entità del massacro. Le migliaia di morti della Laurania sembrano un gioco rispetto a quanto poi è accaduto. Molti dei temi del romanzo restano comunque validi anche oggi. Persino nei momenti più impensabili, come un dialogo galante, lo scrittore fa apparire tutti i suoi riferimenti colti alla politica. Vanno dalla Repubblica di Platone, agli autori ottocenteschi, al darwinismo applicato alla sopravvivenza degli Stati (ma senza per questo abdicare all'aspirazione democratica).
Alla fine, negli occhi di un ragazzo vestito da ussaro che si sognò di essere Savrola si vede il riflesso dell'uomo a venire. Un vecchio mastino capace di fermare Hitler. Forse meno bello di Savrola il liberatore, ma con lo stesso cuore.
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