Matteo Sacchi
Chine severe, dense d'inchiostro e rutilanti d'esplosioni, combattimenti e atti di eroismo. Sono quelle che Hugo Pratt disegnò per l'editore Fleetway nel periodo d'oro dei War Comics britannici, alla fine degli anni cinquanta. Erano albi di piccolo formato, al massimo qualche decina di pagine. Dovevano finire in mano ai più giovani sudditi della Regina e magnificare il valore delle truppe di sua maestà che avevano respinto i nazisti.
E nonostante il tema fosse nazionalistico e molto lontano dal politicamente corretto che va di moda oggi (gli alleati erano belli e buoni, tutti gli altri brutti e cattivi) pochissimi si accorsero che il prodotto non era affatto made in England. A disegnare erano soprattutto italiani e spagnoli: costavano meno ed erano più bravi.
Tra questi Pratt, che arrivò a Londra nel 1959 e ci rimase sino al 1960. Disegnò un totale di dodici storie tra cui due di quelle dedicate ad uno degli eroi più amati dai ragazzi di allora: l'asso dell'aviazione Battler Britton.
Ora queste strisce a lungo dimenticate (l'editore ha addirittura distrutto molte delle tavole originali) arrivano in Italia per la prima volta raccolte in volume per merito di Rizzoli-Lizard: WWII storie di guerra (pagg.716, euro 39). Sfogliare questo tomone a disegni consente di scoprire uno dei lati meno conosciuti del talento dell'inventore di Corto Maltese. Ma consente anche di fare un viaggio nel tempo incontrando un tipo di fumetto che non esiste più. Un fumetto sceneggiato «all'americana», senza troppe sfumature e disegnato con grinta adeguata alla trama.
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