Quando le «ronde» arrestano i ladri e la polizia non lo dice

(...) e tentativi di furti rischiano di diventare la regola, soprattutto nelle ore serali a botteghe abbassate. L’episodio raccontato risale a due settimane fa e ha come protagonista Nello Giordano, titolare del «Bar Luccoli» di vico Superiore del Ferro. Non è stato lui a fermare i due marocchini, tantomeno a rincorrerli. Ma proprio a pochi metri dalla sua bottega uno dei due marocchini ha lanciato il bottino del furto ai danni di una donna, guarda caso marocchina, professoressa universitaria di 40 anni: Assia Bensaah. Una catenina in oro con un ciondolo disegnato da un artista francese, un prezioso oggetto d’arte.
Nello lo recupera e lo consegna ad uno dei commercianti di via Luccoli che quel pomeriggio ha fatto il suo turno da cittadino modello rincorrendo i rapinatori. «L’ha lanciato uno di quei ragazzi, portalo tu alla polizia» ha detto Nello Giordano al collega. Refurtiva consegnata alle forze dell’ordine e poi riportata alla legittima proprietaria.
Se non che, il giorno seguente, alcuni quotidiani cittadini scrivono dell’episodio calcolando il valore del gioiello: 50.000 euro tondi tondi. E una volta saputo del valore, c’è da pensare che il signor Nello, almeno un pensiero su un possibile regalo alla sua signora l’abbia fatto e si sia passato le mani nei capelli. Ma lo spirito dell’onestà è emerso. Sempre dagli articoli emerge che a sventare il furto è stata la polizia. «Ma la verità è che se non ci fossimo stati noi, né avrebbero fermato i marocchini né avrebbero recuperato la merce - spiega Giordano -. Perché qui ormai siamo abituati ad episodi del genere. Capita che durante il giorno si senta urlare, si metta il naso fuori dal negozio e ci si renda conto di qualche episodio di microcriminalità. Spesso mio figlio è costretto a lasciare il bar e correre dietro a questa gente e così facciamo a turno». A turno? Sì, perché i commercianti di via Luccoli per senso del dovere e amore della zona in cui operano, stanno lì in allerta pronti al gioco di squadra per fermare scippi e borseggi. Una catena di solidarietà, una “ronda” attiva dodici ore al giorno. «Siamo noi più di altri a garantire l’ordine dei “caruggi” -racconta Nello-. Noi che teniamo queste saracinesche alzate, che puliamo i marciapiedi, che sappiamo chi è la gente che gira nella zona e se ci accorgiamo di persone poco pulite gli mettiamo gli occhi addosso pronti a sventare qualsiasi possibilità di furtarelli».
È così che da queste parti provano a contrastare la microcriminalità perché, solitamente, si ruba tra via Garibaldi e via XXV aprile per poi scappare da via Luccoli verso la zona della Maddalena dove c’è più possibilità di nascondersi. «La risposta di chi amministra questa città è farci fare brutta figura dicendo che siamo corrotti con la mafia oppure vessarci con il progetto Mercurio. Non è il Comune che tiene vivo il centro storico, siamo noi esercenti», si sfoga il titolare del bar. La cattiva pubblicità che viene fatta sulla zona più suggestiva di Genova è quello che più rattrista chi lavora nella zona e non c’è neanche un po’ di merito per episodi come quello del ciondolo recuperato e di due rapitori bloccati.

Eccola la ronda tipo: commercianti che si alleano e creano una sorta di patto non scritto per tutelare il territorio: «Lavoro qui da vent’anni e posso ribadirlo senza paura di essere smentito, siamo la migliore tutela per la sicurezza nel centro storico - continua il signor Nello -. La gente può stare tranquilla quando le serrande sono alzate». Eppoi, a quanto pare, anche i gioielli tornano sempre ai legittimi propietari. Anche a costo di scontentare le mogli.

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