Quando Thomas Blood mise le mani sui gioielli della Corona

Il 9 maggio 1671 l'ex colonnello dell'esercito cromwelliano penetrò nella Torre di Londra e rubò gli scettri d'oro. Sorpreso dal figlio del guardiano venne arrestato a portato davanti al Sovrano che lo perdonò e gli restituì i beni confiscati

Quando Thomas Blood mise le mani sui gioielli della Corona

Nel film «Il Mattatore» due abili truffatori «Gerardo l'artista», Vittorio Gassman, e «Chinotto», Peppino De Filippo, travestiti da «beefeaters» riescono a rubare i gioielli della Corona inglese dalla Torre di Londra. Un colpo ovviamente impossibile anche se per poco, e in circostanze non meno comiche, non riuscì il 9 maggio 1671 a Thomas Blood, ufficiale inglese che aveva combattuto con il grado di colonnello per e contro il Re durante la rivolta di Cromwell. Per questo al ritorno della monarchia, gli furono confiscate tutte le proprietà. Il furto dunque sarebbe stato una sorta di risarcimento. Catturato e portato davanti al Sovrano, egli spiegò le sue ragioni, nonché la facilità con cui era penetrato nella Torre, e venne non solo perdonato ma reintegrato dei suoi beni.

Nato in Irlanda nel 1618 in una famiglia benestante, nel 1642 si trasferì in Inghilterra per combattere tra le file dell'esercito di Carlo I contro Oliver Cromwell. Forse convinto della bontà dell'azione rivoluzionaria del capo delle «teste rotonde», così chiamati perché portavano i capelli molto corti, forse avendo capito che aria tirava, fece il salto della quaglia e passò al nemico. Alla fine della ostilità, come ricompensa per i suoi servigi, Cromwell donò al colonnello Blood alcuni terreni e lo elesse giudice di pace. Tutto bene fino a quando Cromwell morì nel 1658 e due anni dopo il figlio del deposto, e decapitato, Carlo I fece ritorno in patria. E sul trono. Ovviamente Blood fu spogliato di tutti i suoi beni e lui per ripicca decise un colpo mai tentato prima o dopo. Se non in qualche pellicola come appunto «Il Mattatore».

A onor del vero i gioielli un furto lo avevano già subito. Nel 1303 corone, globi e scettri d'oro sparirono dall'Abbazia di Westminster per ricomparire qualche tempo dopo nella bottega di un gioielliere di Londra. Che non se la passò tanto bene. Subito dopo si decise di conservarli nella famosa Torre di Londra, dove si trovano tuttora. A fare la guardia al tesoro, robusti armigeri che, per essere ben in salute ricevano doppia razione di carne. Da qui il loro nomignolo: beff (carne) eater (mangiatore). Ma quel lontano 9 maggio del 1671 i «beefeaters» non c'erano e a guardia dei gioielli c'era solo un custode un po' stordito che, come raccontò in seguito Blood, venne così gabbato. «Quella mattina mi recai con altri tre amici alla tristemente famosa Torre di Londra. Talbot Edwards, custode dei gioielli della Corona e babbeo della più bell'acqua, venne ad aprirmi chiedendomi con indolenza che cosa mai desiderassi a quell'ora. Con una faccia di bronzo che solo un irlandese può avere, gli dissi che ero venuto a chiedere la mano della sua dilettissima figlia Rebecca». E il pover'uomo aprì, trovandosi subito con un sacco in testa e ancor più stordito, questa volta da una gragnuola di legnate.

Tutto stava andando per il meglio: Blood nascose una corona sotto la giubba, un compare un globo d'oro nei pantaloni ma a mentre stavano segando uno scettro, troppo lungo per essere nascosto sotto i vestiti, apparve il figlio di Talbot Edwards che vista la scena si mise a urlare come un matto. Blood e i suoi complici tentarono una precipitosa fuga ma furono presi. Qualcuno dice che l'avventuriero irlandese era comunque troppo ubriaco per riuscire nell'impresa.
Qualche giorno dopo fu portato al cospetto del re al quale l'ex ufficiale raccontò le sue peripezie, il suo desiderio di ottenere una sorta di risarcimento ma soprattutto, con particolari esilaranti, la stupidità del custode nell'aprirgli la porta. Il racconto divertì particolarmente Carlo II che si sarebbe messo a ridire a crepapelle per poi decidere di punire non il ladro ma il povero Talbot Edwards. Nonché di rafforzare i controlli attorno ai gioielli per evitare che un altro Thomas Blood se ne riprovasse l'impresa. E premiò l'avventuriero per avergli così svelato la clamorosa falla nel sistema di sicurezza con la restituzione dei beni confiscati.

Blood campò altri 9 anni servito e riverito e si spense serenamente il 23 agosto 1680 a Westminster, quartiere centralissimo di Londra, attorniato da uno stuolo di figli e nipoti a cui aveva tramandato la sua fantastica avventura.

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