Roma - Si chiama Denti, come il film di Salvatores, ma sono di altro tipo. Trattasi di vagina dentata, mito ancestrale-tribale ripreso da Freud a indicare l'ansia da castrazione e da infiniti scrittori, da Landolfi a King e Fuentes. Tema delicato, pure imbarazzante. Ci voleva l'esordiente Mitchell Lichtenstein, benedetto dal Sundance di Redford, per trarne una curiosa commedia, di un horror liberatorio, che Mediafilm manda nelle sale il 22. Si sorride vedendo Denti, perché il film, nell'ironizzare su certi programmi evangelici che predicano l'astinenza sessuale tra adolescenti, inventa la fantastica storia della liceale Dawn, molto casta e determinata a restare vergine. Lei balla da sola, finché, complice un bagno sotto la cascatella con l'amichetto del cuore, scopre di possedere un'arma micidiale. Altro che Lorena Bobbitt. Chi prova a stuprarla ne esce evirato. Chi la prende con gentilezza viene risparmiato, a meno che... Sul filo del paradosso, con una punta di spirito neo-femminista, Denti rovescia la mitologia della vagina dentata facendo di Dawn (Jess Weixler) una moderna eroina che prende coscienza del proprio potere selettivo. I dettagli splatter, risolti in chiave burlesca, sono rivolti al pubblico degli adolescenti.
E tuttavia il film è maliziosamente diretto, acuto nel ritrarre una certa desolazione suburbana. Scena clou. La ragazza va dal ginecologo per capirci qualcosa. E lui, ignaro: "Non si preoccupi, le assicuro che non mordo".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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