Leggendo il bel saggio (fresco di giornata) di Marco Demarco sugli interessati ritocchi apportati dalla storiografia comunista (ex, post e neo) agli eventi napoletani degli ultimi cinquantanni (Laltra metà della storia. Spunti e riflessioni su Napoli da Lauro a Bassolino, Guida editore) a un certo punto ci si imbatte, non senza un moto di stupore, in una notizia che pur essendo vecchia di ben sessantun anni, può considerarsi tuttavia assolutamente inedita.
Accadde a Napoli l11 giugno 1946, in via Medina, davanti alla sede della federazione del Pci, dove ci fu una strage durante la quale, sotto il fuoco dei mitra della polizia, rimasero uccisi sette poveri cristi e feriti una cinquantina di disgraziati.
Come si arrivò a quelleccidio? Dalla ricostruzione di Demarco (la prima, per quanto ne so, che sia sta finora tentata) risulta che la strage fu il momento culminante della tensione esplosiva manifestatasi a Napoli tra repubblicani e monarchici allindomani del referendum istituzionale del 2 giugno. Oltre l80 per cento dei napoletani, avendo votato per la corona, aveva infatti trovato quei risultati inaccettabili. Il ministro dellInterno, il socialista Romita, prevedendo dei tumulti, aveva quindi mandato in città dei reparti di polizia ausiliaria composti da ex partigiani. Il 7 giugno, durante una manifestazione monarchica, un giovane popolano di 14 anni (Carlo Russo) era caduto falciato dai mitra di quei singolari poliziotti. Stessa sorte era toccata l8 giugno a uno studente monarchico mentre rientrava da unaltra manifestazione. Due giorni dopo la Corte di cassazione ufficializzò il risultato del referendum ma non proclamò la repubblica in attesa di esaminare le contestazioni. Si arrivò così all11 giugno. Quella mattina per Napoli si sparse la notizia che dai balconi della sede del Pci, accanto alla bandiera rossa con falce e martello, sventolava un tricolore privo dello stemma sabaudo. Migliaia di monarchici si diressero allora verso via Medina per rimuovere quel vessillo. Pochi minuti dopo il centro di Napoli si trasformò in un inferno. La polizia ausiliaria aprì il fuoco contro i manifestanti che stavano scalando il palazzo. I monarchici incominciarono a innalzare delle barricate contro le camionette della Celere. Soltanto con larrivo dei carabinieri e della polizia militare americana venne riportata la calma.
Sulla vicenda la storiografia ufficiale aveva fatto calare un silenzio che si è rotto solo oggi grazie al libro di Demarco. Silenzio motivato naturalmente dalla circostanza che quel giorno a perdere la vita furono solo dei poveracci di destra.
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