Quei numeri di Bolloré su Mediobanca

Girandola di cifre intorno alla quota del finanziere. Lui dice di avere il 10% insieme ai suoi amici. Che non è chiaro chi siano

Eccoci di nuovo a guardare dal buco della serratura la partecipazione di investitori francesi al capitale di Mediobanca. Si tratta pur sempre della regina delle istituzioni finanziarie italiane e al suo interno è custodita quella preziosa quota (vicina al 15%) di Generali. Il Giornale ha scritto nei giorni scorsi che la partecipazione complessiva è ormai superiore al 20%. Ieri La Stampa, ribadendo il 20 per cento, ricordava anche come in un recente libro Giovanni Pons e Giuseppe Oddo (L’intrigo) parlassero addirittura del 24,2%. Dai patti di sindacato di Mediobanca risulta invece che Bolloré ha il 4,99% e Groupama il 4,9%. In totale a un soffio del 10 per cento.
Ma ieri da Ginevra, intercettata al salone dell’Auto, è arrivata una presa di posizione del finanziere bretone. Vediamo. «Siamo azionisti stabili - ha detto Bolloré - non abbiamo intenzione di crescere, siamo contenti del nostro 10%». Insomma la metà di quanto emerso in questi giorni. Ma il finanziere continua: «In genere non investiamo più del 10% nel capitale delle società che ci interessano» e il valore della partecipazione in Mediobanca «si attesta a 700-800 milioni di euro». «È un valore massimo - ha concluso - non abbiamo nessuna intenzione di salire. Siamo contenti così». E a questo punto le cose si ingarbugliano. A nome di chi sta parlando? Quel dieci per cento, se fosse in capo a Bolloré, direttamente o attraverso amici sarebbe comunque il doppio di quanto noto al mercato. Il riferimento alla quota massima investita in una società (il dieci per cento appunto) certo non si può riferire a Groupama, per la quale evidentemente parlano i propri legali rappresentanti.
Suvvia, il parterre degli azionisti di Mediobanca è chiaramente diverso dalla foto, inevitabilmente cristallizata, presente nei patti di sindacato e nelle comunicazioni obbligatorie. Lo si continua a sottolineare non tanto per un malcelato istinto protezionistico. Tutt’altro. Piuttosto per contribuire all’emersione di una situazione chiara nel controllo della Banca. Tanto più che la nuova legge sul risparmio prevede il voto segreto in Assemblea e dunque la possibilità di votare senza farsi riconoscere. A differenza del passato potremmo infatti assistere a riunioni generali di Mediobanca in cui la presenza di votanti sia molto superiore al 70% del capitale: derivante dalla presenza di pacchetti nascosti che grazie alla segretezza del voto potrebbero comunque dire la propria senza manifestarsi.


È vero che la legge esplicitamente tutela l’anonimato pubblico di pacchetti inferiori al 2%. Ma vista anche l’attenzione di Lamberto Cardia dimostrata nelle recenti vicende finanziarie, forse per Mediobanca sarebbe ora il caso di chiedere un nuovo screening dei soci.

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